Lenin Raghuvanshi: Le donne dalit discriminate anche quando muoiono. È una vergogna
Uno studio delle Nazioni Unite mostra che le donne delle caste svantaggiate muoiono in media 14 anni prima di quelle delle caste dominanti. Le cause principali sono scarsa igiene, difficoltà di accesso alle cure mediche, carenza d’acqua. Il famoso attivista per i dalit racconta la storia di una 18enne incinta, cui è stato negato uno dei diritti fondamentali: dare alla luce il proprio figlio in ospedale.
Varanasi (AsiaNews) – Le donne dalit sono “le più umiliate al mondo. Su di loro si abbatte una triplice discriminazione: di casta, ceto e genere. È una vergogna”. Lo afferma ad AsiaNews Lenin Raghuvanshi, attivista per i dalit e direttore esecutivo del Peoples’ Vigilance Committee on Human Rights (Pvchr) di Varanasi, commentando l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sull’età media delle donne nel mondo. I dati confermano un trend ben noto in India, dove quelle delle caste svantaggiate vivono meno. Nello specifico, le donne fuori casta muoiono 14 anni prima rispetto a quelle delle caste elevate. Le cause principali sono scarsa igiene, difficoltà di accesso alle cure mediche, carenza d’acqua. In pratica, in India ricchezza e luogo di nascita producono grandi diseguaglianze.
Il dott. Raghuvanshi, medico di alta casta che ha deciso di migliorare le condizioni dei dalit, conosce bene il fenomeno perché in India, anche se il sistema delle caste è stato abolito, le discriminazioni rimangono. Soprattutto per le donne. “Il sistema castale – afferma – le considera impure e intoccabili, e le punisce con esclusione sociale e sfruttamento. Sono quasi tutte povere; lavorano alla giornata senza possedere la terra; non hanno le minime risorse. Sono soggiogate da strutture patriarcali, sia nella comunità generale che all’interno delle famiglie. Violenze e trattamenti disumani come aggressioni fisiche, stupro e [l’abitudine di portarle] nude in giro, funzionano come meccanismo sociale per mantenere le donne dalit in posizioni subordinate nella società. Sono il bersaglio delle caste dominanti che così umiliano l’intera comunità dalit. Gli abusi dei diritti umani verso le donne sono compiuti con impunità”. Per questo vuole condividere la storia di una ragazza dalit appena 18enne, incinta e sul punto di partorire. La sua vicenda risale al 2007, ma è ancora troppo attuale (traduzione a cura di AsiaNews).
Rambha Devi abita nel villaggio di Rithiya, vicino la città di Naugarh [Uttar Pradesh, ndr]. Il 3 settembre 2007 aveva appena 18 anni quando, in avanzato stato di gravidanza, viene portata dalla famiglia al Naugarh Primary Health Centre (Phc). Questo centro governativo era il più vicino Phc [Primary Health Centre – luogo specializzato nel parto, ndr] dal suo villaggio.
Al momento dell’arrivo, nel centro erano presenti quattro donne del personale: le signore Savitri, Lalti Maurya, Shanti Pandey e Daai. Tutte loro sono Auxiliary Nursing Mothers (Anm), cioè levatrici impiegate nel centro. La famiglia di Rambha ha chiesto di ricoverare la figlia per il parto, ma le levatrici si sono rifiutate. Il personale si è opposto al ricovero sostenendo che Rambha avrebbe partorito un feto morto; quindi doveva essere ammessa in un ospedale privato, o sarebbe morta. La sua famiglia però, essendo molto povera, ha provato a insistere per far entrare la ragazza in ospedale. Ma le quattro donne si sono rifiutate in maniera categorica.
A quel punto la famiglia di Rambha non ha avuto altra scelta se non recarsi all’ospedale privato di Barahua, dove la ragazza ha dato alla luce un bambino sano. Per poter pagare le spese della clinica privata, la famiglia ha dovuto chiedere un prestito di 7mila rupie indiane (87 euro), che ora fatica a restituire.
Ci hanno riferito che il motivo per cui lo staff del Phc ha negato l’accesso a Rambha è perché voleva che la ragazza si recasse nell’ospedale privato: in questo modo il personale del centro pubblico avrebbe percepito la commissione per aver indirizzato la paziente al centro privato. Il fatto che Rambha appartenga alla comunità dalit ha complicato il caso, dato che i dalit hanno poca autorità nel villaggio. La strategia dei dipendenti del Phc è d’impaurire i pazienti con opinioni sbagliate, senza effettuare le adeguate analisi. In questo modo i dalit si recano di corsa nelle cliniche private. Gli abitanti del villaggio sostengono che questa è una pratica molto comune nei Phc.
Secondo il National Rural Health Mission (Nrhm), il Phc dovrebbe offrire ai pazienti mandati dai medici specialistici un servizio gratuito, in particolare a poveri, donne e bambini. Il caso citato dimostra la negligenza e la corruzione presente nei centri di prima cura e nello staff come le levatrici. Inoltre i centri dovrebbero avere dottori qualificati, infermieri e paramedici (come le levatrici), ed essere equipaggiati di strumenti medici adeguati e altre attrezzature, in modo da offrire assistenza medica immediata alle persone. Invece il funzionamento di diversi centri è deplorevole, a causa delle inefficienze e della corruzione a livello governativo. Questo provoca il fallimento del sistema sanitario pubblico, che affligge i poveri, in particolare i dalit nei villaggi remoti dell’India.
Oltre a quello menzionato, esistono migliaia di casi simili, che offrono le prove delle morte delle donne dalit. Esse subiscono l’esclusione di casta, classe e genere. Il triplice fardello delle donne dalit è un grave problema.