Legge sulla sicurezza: chi ricorda il 4 giugno (massacro di Tiananmen) andrà in prigione?
Quest’anno per motivi “sanitari” è proibita la veglia che ricorda i morti di Tiananmen. Hong Kong è l’unico luogo nel mondo cinese dove da 30 anni si ricorda quell’evento. Maria Tam, già membro del governo britannico e ora una delle voci più fedeli di Pechino rassicura: se non vi sono pretese secessionistiche, si potrà tenere la veglia. Per la Tam, in Cina non c’è il partito unico, né una dittatura.
Hong Kong (AsiaNews) – Chi ricorda il 4 giugno 1989, gli uccisi nel massacro di Tiananmen, andrà in prigione? È la domanda che molti giovani ad Hong Kong si chiedono ora che l’Assemblea nazionale del popolo, il parlamento cinese, ha deciso di dare il via a una legge sulla sicurezza da imporre al territorio. La legge dovrebbe punire e prevenire azioni e attività che mettono in pericolo la sicurezza nazionale. Gli abitanti di Hong Kong potranno essere arrestati per sovversione, secessione, terrorismo e collaborazione con forze straniere che interferiscono negli affari della città.
Hong Kong è l’unica città del mondo cinese dove da 30 anni si ricorda ogni anno gli uccisi del massacro di Tiananmen con una veglia che raduna fino a 150mila persone. Quest’anno, a causa delle regole anti-Covid, la polizia non ha dato il permesso essendo proibiti assembramenti con più di 8 persone. Molti leader democratici, sostenitori della veglia, sospettano che i motivi “sanitari” siano solo una facciata, e che in tal modo il governo raggiunga il suo scopo che è cancellare per sempre la veglia per Tiananmen, secondo il volere di Pechino. In Cina, chiunque compie un gesto a ricordo del massacro viene imprigionato.
La Rthk, l’emittente di Hong Kong, ha posto la domanda a Maria Tam, uno dei politici più fedeli a Pechino, membro del Comitato permanente dell’Anp, che dovrebbe essere l’estensore della legge sulla sicurezza. Maria Tam è famosa per essere stata “fedele” anche verso i colonialisti britannici: negli anni ’80 del 1900 ha fatto parte perfino dell’Executive Council, il gabinetto del governo.
Un giornalista le ha chiesto se è pericoloso per le persone gridare slogan che domandano la fine del partito unico in Cina. La risposta riportata sempre da Rthk è: dipende dalle circostanze in cui tali slogan sono gridati.
Le è stato chiesto se la nuova legge proibirà la richiesta della fine della “dittatura del partito unico”. Maria Tam ha risposto che in Cina non c’è una dittatura simile perché il Paese ha molti partiti politici. In effetti in Cina vi sono alcuni sparuti partiti politici, che però riconoscono la supremazia del Partito comunista cinese e non sono considerati alla pari. La Tam ha consigliato che se in una manifestazione si grida un tale slogan, è meglio che i partecipanti si stacchino, per stare dalla parte giusta e più sicura.
29/05/2020 07:57
28/05/2020 09:49