05/10/2022, 12.32
HONG KONG-CINA
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Legge sicurezza: partito pro-democrazia rischia scioglimento. Muore la società civile di Hong Kong

Fondato nel 2006, il Partito civico non trova nessuno che voglia guidarlo. Quattro suoi ex membri sono incriminati per minacce alla sicurezza nazionale. Dall’entrata in vigore del provvedimento, 58 organizzazioni indipendenti hanno chiuso i battenti. Quella che era una “società aperta” adesso è diventato un luogo soffocato dalla paura.

Hong Kong (AsiaNews) – Per gli effetti della legge sulla sicurezza nazionale, il Partito civico rischia lo scioglimento. Lo ha ventilato Alan Leong, attuale presidente della formazione pro-democrazia.

Parlando ieri alla Hong Kong Free Press, egli ha spiegato di non voler proseguire con l’incarico, aggiungendo che gli altri sei membri del comitato esecutivo non sono disponibili a succedergli.

Una decisione sarà presa entro gennaio, dice Leong. Fondato nel 2006, il Partito civico non ha partecipato alle elezioni parlamentari del dicembre scorso, le prime dopo la riforma elettorale imposta da Pechino per limitare il peso del fronte democratico. È da ricordare che le autorità hanno incriminato per minacce alla sicurezza nazionale quattro suoi ex esponenti: Alvin Yeung, Kwok Ka-ki, Jeremy Tam e Lee Yue-shun. 

Secondo un rapporto pubblicato il 2 ottobre dalla Commissione esecutiva sulla Cina del Congresso Usa (Cecc), dalla sua entrata in vigore nell’estate 2020 la legge sulla sicurezza è responsabile in modo diretto e indiretto della chiusura o dello scioglimento di 58 organizzazioni indipendenti.

Fino allo scorso giugno sono 203 le persone arrestate a Hong Kong in base al draconiano provvedimento, voluto da Pechino per silenziare il campo democratico. La polizia ha fermato alcuni cittadini anche con una legge anti-sedizione di origine coloniale: prende di mira “reati minori”, come battere le mani a favore di un imputato (filo-democratico) durante un processo.

Sulla scorta di 42 testimonianze, la Cecc fa notare che con la legge sulla sicurezza le autorità non hanno soppresso solo il movimento pro-democrazia, ma anche la vibrante società civile cittadina. Giornali, tv, radio, libri; poi organizzazioni professionali, consigli d’amministrazione e università: tutte realtà finite nelle maglie della censura e della repressione per cancellare il dibattito pubblico, eredità del periodo coloniale britannico.

La stretta, osserva la Cecc, riguarda anche l’ambito religioso, con Pechino che vuole rendere “patriottiche” le chiese cristiane della città.

Quella che era una “società aperta” adesso è diventato un luogo soffocato dalla paura, dove a dominare è il “silenzio” della popolazione, perché si può finire in prigione per il semplice fatto di indossare un abito nero (colore associato alle proteste degli anni scorsi). Chi ha paura di restare sceglie di partire e riparare all’estero.

La speranza per il futuro, dicono alcuni degli intervistati dalla Cecc, è che mentre le organizzazioni democratiche sono bandite, rimangono ancora in piedi connessioni e legami tra i loro membri.

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