Leader sciita: la comunità cristiana è ncessaria per costruire l'Iraq
Il portavoce del Supreme Council of Islamic Revolution condanna il rapimento del vescovo di Mossul e invita cristiani e musulmani a collaborare. Pieno appoggio ad Allawi per portare il Paese alle urne.
Baghdad (AsiaNews) La comunità sciita condanna "ogni forma di violenza" e definisce il sequestro del vescovo di Mossul, mons. Basile Georges Casmoussa, "un grave atto criminale contro un'alta personalità religiosa" che va difesa e tutelata, perché rappresenta una comunità, quella cristiana, che "va salvaguardata" e con la quale "vogliamo lavorare per ricostruire il Paese". Hamid al Bayati, portavoce del Supreme Council of Islamic Revolution (SCIRI)raggiunto al telefono a Baghdad, ribadisce ad AsiaNews la volontà di collaborazione "fra cristiani e musulmani" e definisce la comunità cristiana "pacifica e tranquilla, una parte integrante della società irachena".
Il rappresentante del movimento sciita sottolinea il desiderio comune di cristiani e musulmani "di lavorare insieme per far rinascere un nuovo Iraq" e ribadisce l'importanza della piccola comunità cristiana nell'economia del Paese. Egli non esclude "interessi economici alla base delle attività criminali" e invita il governo a prendere tutti i provvedimenti necessari "per arrestare i delinquenti e consegnarli alla giustizia", per far cessare le violenze e consentire agli iracheni di "vivere in piena armonia".
Per Hamid al Bayati la sola soluzione per garantire pace e sicurezza è "portare il Paese alle urne nei tempi previsti"; l'Iraq ha iniziato un lento processo politico che va "sostenuto e completato". Egli garantisce il "pieno appoggio della comunità sciita al governo Allawi", che sta prendendo "tutti i rimedi e le iniziative necessarie per garantire la sicurezza e la regolarità delle consultazioni", anche se il clima in alcune zone "non è tranquillo". Le elezioni "sono un passo cruciale per portare maggiore stabilità e sicurezza".
Il portavoce dello SCIRI accusa il passato regime di aver liberato "oltre 30 mila prigionieri dalle carceri irachene" e sottolinea che questi gruppi criminali contribuiscono "in maniera decisiva" a fomentare il clima di violenze e di intolleranza. Essi godono dell'appoggio di "esponenti del regime di Saddam che cercano in tutti i modi di riconquistare i privilegi del passato". Egli non esclude la partecipazione di "gruppi stranieri di criminali che vengono in Iraq per portare distruzione" ma assolve i rispettivi governi, che non sarebbero responsabili "in prima persona" delle violenze.(DS)