Leader religiosi, attivisti e società civile in piazza per la pace nello Stato Kachin
Yangon (AsiaNews) - Cessazione "immediata" degli attacchi e degli "atti ostili" dell'esercito birmano, dialoghi concreti per garantire una pace duratura, resa possibile anche attraverso il ritiro dei militari alle postazioni occupate prima dell'inizio del conflitto. Sono queste le principali richieste avanzate da un movimento congiunto formato da 55 gruppi di attivisti, leader etnici e religiosi, che comprende anche realtà cattoliche e protestanti in Myanmar. L'appello è stato lanciato nei giorni scorsi, in concomitanza con le celebrazioni per il terzo anniversario dall'inizio del conflitto nello Stato Kachin, nel nord, lungo il confine con la Cina. Il Myanmar, composto da oltre 135 etnie, ha avuto sempre difficoltà a farle convivere e in passato la giunta militare ha usato il pugno di ferro contro i più riottosi, fra cui i Kachin nel nord. Divampata nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa calma, la guerra ha causato decine di vittime civili e almeno 120mila sfollati.
I leader del movimento indipendentista e i rappresentanti del governo centrale di Naypyidaw - con l'amministrazione, semi-civile, guidata dal presidente Thein Sein - hanno dato vita a numerosi incontri di pace, senza mai giungere a risultati tangibili e duraturi. Nel frattempo la popolazione civile ha subito le conseguenze peggiori delle violenze, con oltre 200 villaggi distrutti, una crisi umanitaria di vaste proporzioni, donne e bambini alla ricerca di cibo e riparo.
A dispetto delle trattative per un cessate il fuoco avviate fra il governo centrale e i rappresentanti del Kachin Independence Organization (Kio), braccio politico del Kia (Kachin Independence Army), gli attacchi dei militari birmani sono continuati senza sosta. Per rilanciare con forza un messaggio di pace, nel fine settimana a Yangon e in altri centri del Myanmar attivisti e membri della società civile hanno promosso l'evento "Call for Peace", per ricordare i tre anni di guerra e le vittime innocenti.
I promotori si rivolgono alla comunità internazionale perché fornisca "assistenza umanitaria" di base agli sfollati e al governo birmano perché punisca quanti, nell'esercito, si sono resi colpevoli di stupro e violenze sessuali come armi di guerra. Necessarie, avvertono gli attivisti, anche le riforme costituzionali che diano vita a un sistema di governo "federale", basato sulla fiducia reciproca e che dia speranze concrete di pace.
Ko Ko Gyi, politico e attivista, leader di 88 Generation Students Group, fra le personalità di primo piano presenti alla manifestazione per la pace, sottolinea che la nazione (birmana) si basa sui principi di "giustizia e indipendenza", ma di fatto continuano "guerra e disuguaglianze". È necessaria l'uguaglianza fra gruppi etnici per mettere fine alle violenze. May Sabai Phyu, del Kachin Peace Network, sottolinea la presenza di leader religiosi, politici e della società civile alla tre giorni di eventi. Daw Bawk Ja, della Kachin Land Activist, afferma che "per sviluppare l'economia abbiamo bisogno di pace", ma abusi come l'esproprio forzato di terre sono un serio ostacolo alla pace e fonte di disuguaglianze.
21/06/2018 08:53