Leader curdo: rapporto Baker non aiuta la stabilità dell’Iraq
Parigi (AsiaNews) – Il rapporto Baker è “anti-curdo e fonte di instabilità. I suggerimenti del gruppo bipartsan sono al 20 per cento a favore dei sunniti. Per il resto guardano agli sciiti, dimenticando del tutto le esigenze dei curdi e il ruolo che finora questi hanno svolto nel ricostruire il Paese e il governo”. Ne è convinto Saywan Barzani, nipote del presidente del Kurdistan Massoud Barzani, e rappresentante curdo in Europa. Che avverte: “Se si applicano alcuni dei suggerimenti della Commissione Baker-Hamilton in Iraq, non si riuscirà a raggiungere stabilità nella regione”. Forte preoccupazione desta pure l’ipotesi di coinvolgere nel processo politico gli ex baathisti, dopo la loro totale estromissione voluta dagli stessi Stati Uniti dopo la caduta di Saddam Hussein.
Intervistato a Parigi da AsiaNews, il politico commenta il lavoro dell’Iraqi Study Group pubblicato lo scorso 6 dicembre. In esso si invita Washington a cominciare il ritiro delle truppe dalle operazioni di combattimento per focalizzarle nell’addestramento di forze irachene e a lanciare un’offensiva politica e diplomatica che coinvolga Paesi come Iran e Siria.
“Lo stesso Baker - ricorda il politico - ha voluto rassicurare telefonicamente il presidente Massoud Barzani poco prima della pubblicazione del documento. Ci aveva anticipato che il rapporto era anche dalla nostra parte, che sempre abbiamo appoggiato la politica americana, ma non è stato così”. Per il presidente iracheno Jalal Talabani, “la relazione Baker-Hamilton è ingiusta e contiene articoli pericolosi, che mettono a repentaglio la sovranità del Paese e la sua Costituzione”. Talabani ha “respinto in blocco” il lavoro dell’Iraqi Study Group. Sia lui che Massoud Barzani hanno scritto a George W. Bush per protestare contro le conclusioni della Commissione. Per i curdi i problemi cruciali sono: il forte accento dato dal rapporto al ruolo del governo centrale, a scapito del federalismo sancito dalla Carta costituzionale; lo status di Kirkuk, sul quale si sospende qualsiasi decisione; il coinvolgimento degli ex baathisti nel processo politico; l’apertura a Siria e Iran.
“Prima di tutto - commenta Barzani - la Commissione Baker chiede una revisione della Costituzione, a favore della quale ha però votato l’80 per cento degli iracheni: nel testo sono contenuti molti punti importanti per la popolazione, come il ritorno dei curdi deportati con la forza da Kirkuk, sotto il regime baathista”. Nel corso della sua campagna contro i curdi, Saddam Hussein ha deportato centinaia di migliaia di famiglie curde lontano da Kirkuk, sostituendole con famiglie arabofone. Lo scopo era trasformare Kirkuk, storicamente multietnica e a maggioranza curda, in una città araba. Attualmente fuori dai confini del Kurdistan, Kirkuk - dove sono i giacimenti di petrolio più ricchi - rappresenta una delicata questione: mentre i curdi chiedono un referendum per decidere se annetterla alla loro regione, il rapporto Baker invita a mantenere lo status quo. “Questo - spiega Barzani - significa che tutti gli arabi arrivati con Saddam possono rimanere e i curdi ancora nei campi profughi non potranno fare ritorno”.
Altro punto importante contenuto nella Costituzione, ma “ignorato dal gruppo di studio statunitense”, è quello del federalismo, molto caro ai curdi. Baker chiede un potenziamento del ruolo del governo centrale, specie nella gestione delle risorse petrolifere; i curdi invece chiedono una gestione indipendente, in base alla popolazione delle singole province.
Sulla proposta americana di favorire il reinserimento di ex baathisti nel processo politico per promuovere la riconciliazione nazionale, Barzani è categorico: “Non ci si può riconciliare con chi non ha interesse al bene del Paese, e compie solo atti di violenza e terrorismo”.
Per i leader curdi appare impossibile anche la prospettiva che entro la fine dell’anno Washington coinvolga Siria, Iran e i leader dei gruppi armati in negoziati sull’Iraq. “Baghdad - ricorda Barzani - ha già rapporti e interessi comuni di lunga data con Teheran e il dialogo continua. Con la Siria ci sono problemi maggiori perché almeno l’80 per cento dei terroristi che penetrano in Iraq passano per il confine siriano, ma con Damasco stiamo lavorando a livello diplomatico per fermare questo flusso. Gli Usa dovrebbero aiutarci solo sul piano della sicurezza”.
Il futuro dell’Iraq è difficile da vedere. “Prima necessità – evidenza Barzani - è che Baghdad ristabilisca la sicurezza, anche con l’aiuto dei Paesi vicini; poi con il sostegno Usa, che dovrebbero rimanere altri 10 anni, ottenere il rafforzamento dell’esercito nazionale, smantellando le milizie su basi etniche”.
AsiaNews ha domandato a Barzani se per caso gli americani, con il rapporto Baker, non stiano svendendo l’esistenza del Kurdistan per una maggiore tranquillità nei rapporti con Iran e Siria. Risposta: “Non è da escludere”.