04/11/2011, 00.00
PAKISTAN
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Leader cristiano pakistano: per le minoranze, un partito forte e radicato

di Jibran Khan
Cornelius Mohsin, imprenditore con la passione della politica, vive da anni negli Usa. Amico e collaboratore di Shahbaz Bhatti, potrebbe tornare nel Paese di origine e contribuire alla nascita di un movimento politico che promuova i diritti delle minoranze e una migliore scolarizzazione. Il progetto è accolto con favore dal vescovo di Islamabad, che assicura il sostegno dei cattolici.
Islamabad (AsiaNews) – La situazione delle minoranze religiose in Pakistan, le violenze perpetrate in nome della legge sulla blasfemia, l’emarginazione dal quadro politico dei cristiani e il progetto di un movimento forte, capace di imporsi a livello nazionale per la tutela dei diritti di tutti i cittadini. Sono alcuni fra i tanti punti affrontati da Cornelius Mohsin, leader cristiano pakistano, nell’intervista rilasciata ad AsiaNews. Egli da qualche anno vive a Filadelfia, negli Stati Uniti, ma non ha mai perso i contatti con il Paese d’origine. Mohsin sottolinea l’importanza dell’istruzione per lo sviluppo del Pakistan e non esclude l’ipotesi di un rientro in patria, per lavorare nel quadro politico e istituzionale a tutela dei diritti dei non-musulmani. Una possibilità accolta con favore anche dal vescovo di Islamabad-Rawalpindi Rufin Anthony, che vede in lui una “nuova speranza”, perché è “un politico esperto” capace di risollevare “le speranze delle minoranze dopo la morte di Shahbaz Bhatti”. “Accogliamo con calore – aggiunge il prelato – Mohsin in Pakistan, la Chiesa cattolica lo sosterrà nella battaglia a favore delle minoranze in Pakistan”.

Cornelius Mohsin, 65 anni, è nato a Rawalpindi e fin dagli anni ’80 partecipava alla vita politica del Paese. Stretto collaboratore di Shahbaz Bhatti, egli si è trasferito negli Stati Uniti dove svolge l’attività di imprenditore. Ha studiato all’università di Rawalpindi e ha sempre perseguito una doppia attività di politico e uomo di affari. Egli ha anticipato il proposito di abbandonare l’America e tornare in Pakistan, per riprendere la lotta politica e la battaglia a tutela delle minoranze religiose.

Ecco, di seguito, l’intervista rilasciata da Cornelius Mohsin ad AsiaNews:

Come giudica la realtà politica del Pakistan e il ruolo ricoperto da cristiani e minoranze?
Il processo politico in Pakistan è ancora ai primi passi, perché per la maggior parte degli ultimi 64 anni il potere è rimasto ben saldo nelle mani dell’establishment; e quando è subentrato un governo civile, esso non ha mai potuto muoversi in modo libero, cercando di applicare le proprie idee. Ancora oggi la maggioranza dei politici di prima fascia è stato allevato e nutrito dall’esercito, al quale rispondono con l’obbligo di promuoverne l’agenda programmatica. La crescita di una vera leadership è sempre bloccata da elementi diversi che fanno riferimento all’establishment.
Sfortunatamente, per quanto concerne la realtà dei cristiani, essi non sono mai stati in grado di dar vita a una leadership a livello nazionale in grado di portare avanti i problemi delle minoranze religiose e come cittadini del Pakistan.
I cristiani non hanno avuto voce in capitolo in occasione dei grandi fatti che hanno segnato la storia recente del Paese: la divisione nel 1971 fra Pakistan occidentale e orientale (l’odierno Bangladesh), la guerra contro l’Unione Sovietica in Afghanistan, la lotta contro il terrorismo all’indomani degli attentati dell’11 settembre a New York, le decisioni in campo economico, sociale, la battaglia contro la corruzione e via discorrendo. Dall’altro vi sono i tentativi di emendamento alla legge 295 del Codice penale pakistano – le famigerate norme sulla blasfemia, ndr – e l’approvazione della Shariah all’Assemblea nazionale, poi respinta dal Senato. Per un breve periodo di tempo abbiamo avuto Shahbaz Bhatti nel panorama politico nazionale, ma la sua voce è stata zittita con l’assassinio. E l’attuale leader Paul Bhatti – fratello di Shahbaz – sembra aver fallito il suo compito nell’affrontare le sfide poste dalla realtà attuale. È evidente il bisogno di una organizzazione a tutela delle minoranze forte e ben radicata, insieme a una leadership di valore.

Il governo ha fatto il possibile per frenare l’estremismo religioso?
Finora non ho visto alcuno sforzo serio da parte dell’esecutivo. Vi sono agenzie federali preposte a vigilare sull’applicazione della legge, che non toccano nemmeno i gruppi fondamentalisti. E quando vengono presi alcuni elementi, il tribunale ne ordina la scarcerazione per mancanza di prove. Le televisioni e i social media mostrano programmi all’insegna dell’odio, dell’intolleranza per le altre religioni, compresi ebrei, indù e cristiani. Ancora, il Parlamento ha fallito nel compito di promuovere l’applicazione della legge di modo che questi elementi possano essere adeguatamente controllati.

Come giudica l’attuale situazione delle minoranze?
I cristiani pakistani sono tuttora considerati cittadini di seconda classe. E vi sono discriminazioni sia a livello costituzionale che sul piano sociale che colpiscono i non musulmani. Ogni giorno si possono facilmente leggere storie di conversioni forzate, spossessamenti di terre, profanazione di cimiteri indù e cristiani, sequestri di giovani ragazze non musulmane, discriminazioni nella scuola, sul lavoro e un odio generico e diffuso.
Per non parlare dei casi di blasfemia… le famiglie sono vittime di provocazioni e minacce e la giustizia civile non si ottiene con facilità. L’assassino del governatore del Punjab Salman Taseer ha ricevuto un trattamento da eroe. Agli esordi, la nascita del Pakistan si è resa possibile grazie anche alla presenza di un leader musulmano moderato come Ali Jinnah, con la promessa di fare del Pakistan un Paese in cui vige l’uguaglianza fra religioni, sette e fedi… ma questo è ciò che manca a tutt’oggi. Dobbiamo adottare una strategia di lungo periodo per migliorare la condizione delle minoranze religiose.

La mancanza di una leadership credibile è la causa della situazione attuale delle minoranze?
Concordo pienamente con questa riflessione. Oggi assistiamo a una cosiddetta leadership divisa, incapace di prestare attenzione alla particolare natura dei problemi che possono essere affrontati solo se abbiamo un partito delle minoranze di scala nazionale, che possa allearsi con i movimenti che vanno per la maggiore, incentrando l’attenzione sulle questioni delle minoranze. In caso contrario saremo sempre divisi in piccole fazioni e non sapremo catturare l’attenzione della leadership musulmana a livello nazionale. Dobbiamo sviluppare un partito forte, radicato nel territorio e con una vasta partecipazione, dotato di una leadership con capacità di visione, impegno e abilità nel perseguire gli obiettivi.

L’abrogazione delle leggi sulla blasfemia migliorerà la condizione delle minoranze?
Le leggi sulla blasfemia sono solo una parte, della montagna di problemi che i non musulmani devono affrontare oggigiorno in Pakistan. Alcuni gruppi religiosi e i principali partiti politici, a partire da una serie di sentenze, hanno compreso che vi è un abuso della norma. Dobbiamo promuovere un dialogo, ma non nelle tv, quanto piuttosto in privato. Tuttavia, vi sono anche altri settori che i nostri leader non hanno affrontato, fra cui un censimento corretto della componente non musulmana del Pakistan. Le agenzie internazionali parlano di un dato attorno all’8-10%, che probabilmente è sottostimato e non tiene conto degli ahmadi. Ecco, questo numero non viene rispettato nelle rappresentanze nazionali, nelle assemblee, i seggi riservati ai non musulmani e la partecipazione al processo decisionale. Dopo la morte di Shahbaz Bhatti non vi è nessuno all’interno dell’esecutivo a rappresentare le minoranze, quindi come possono essere parte del processo politico e come possono assumere posizioni di potere… E anche dal punto di vista sociale è difficile ottenere assistenza sanitaria, istruzione, lavoro. È necessario un pacchetto di sviluppo pianificato e sostenibile di tipo socio-economico, per riportare le minoranze nel quadro di un ruolo attivo e da protagonisti per il futuro del Pakistan.

Quale partito, a suo avviso, potrà essere fautore di un cambiamento?
Qualsiasi movimento lontano dall’establishment e qualsiasi partito voglia vedere un Pakistan tollerante, moderato, democratico e prospero. Non vedo un partito capace di raggiungere i 2/3 in Parlamento nel prossimo futuro, tuttavia un’alleanza fra alcuni partiti – fra cui PPP, MQM, ANP – potrebbe essere considerata meno malvagia a livello politico e godere del nostro sostegno.

Signor Mohsin, quanto sarà importante l’istruzione per il futuro del Pakistan?
L’istruzione è importantissima e gioca un ruolo vitale nella vita di ogni Paese. In Pakistan il tasso di scolarizzazione è molto basso, se confrontato con le nazioni dell’area. L’esecutivo spende meno del 2% del Pil per il settore dell’educazione e le nostre scuole non raggiungono gli standard della media mondiale. Tuttavia, emerge il desiderio di una migliore istruzione nel popolo, elemento essenziale per garantirsi migliori opportunità in particolare nelle aree rurali. Il Pakistan deve tagare il bilancio per la difesa, che è di circa l’8% del totale del Pil. E l’ingresso di canali privati, internet e social network sta lentamente cambiando in meglio il Paese. Istruzione comporta maggiore consapevolezza e più democrazia, quindi un miglioramento della società che saprà muoversi meglio di quanto non faccia oggi. Forse è proprio per questo, che il governo non vuole investire nell’istruzione…
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