Leader birmani: “Dialogo politico per la pace". Ma nello Stato Kachin si continua a combattere
Yangon (AsiaNews) - Il "dialogo politico" tra governo e gruppi etnici armati è la sola via per mettere a tacere le armi nelle zone teatro di decennali guerre separatiste e indipendentiste. È quanto affermano il capo negoziatore del presidente birmano Thein Sein e la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, in vista di un possibile "cessate il fuoco" su scala nazionale da raggiungere entro la fine di marzo; esso costituirebbe una verifica importante per il cammino di pacificazione e democratizzazione intrapreso dal Paese dal 2011, dopo decenni di dittatura militare. Tuttavia, a dispetto dei buoni propositi continuano i focolai di tensione nello Stato settentrionale Kachin, dove anche questa mattina si sono registrati pesanti scontri fra i due fronti.
Il ministro Aung Min, capo negoziatore di Naypyidaw, auspica che "entro un paio di mesi" venga intavolato il dialogo politico, dopo il raggiungimento di un "cessate il fuoco" che sia foriero di una pace duratura. "Il dialogo politico - spiega a Radio Free Asia (Rfa) - può sfociare in una pace permanente". Da Chiang Mai, dove nei giorni scorsi ha incontrato i principali leader delle minoranze etniche, egli aggiunge che "solo quando vi sarà una pace stabile, potremo dar vita a uno Stato pienamente democratico" e gli sviluppi sono "postivi".
Per Aung San Suu Kyi il Paese è a un "momento cruciale", ma non bastano gli accordi sinora raggiunti fra il governo e diversi esponenti delle minorane etniche. Molto resta ancora da affrontare, vi sono problemi irrisolti retaggio di 50 anni di dittatura militare e permangono tensioni con alcuni gruppi. Il dialogo politico, avverte la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), deve essere basato sulla "sincerità" e sul "compromesso" e deve riguardare "tutti" i gruppi. La Nobel per la pace dovrebbe partecipare al round finale di colloqui, in programma a Hpa-An, nello Stato Karen, nel mese di marzo, anche se "non ho ancora ricevuto l'invito ufficiale".
A dispetto degli dichiarazioni ufficiali e dei propostivi governativi, in diverse aree la pace sembra essere ancora molto lontana. In particolare nello Stato settentrionale Kachin, al confine con la Cina, abitato in gran parte da cristiani (cattolici e non), la tensione è ancora alta e non mancano episodi di violenze e gravi scontri fra i due schieramenti. Fonti di AsiaNews riferiscono che "da questa mattina alle 7 è in corso una violenta battaglia" fra esercito birmano e milizie Kachin "nel villaggio di Man Gau, nella cittadina di Mansi". Al momento non si hanno maggiori informazioni su vittime o feriti.
Il Myanmar, composto da oltre 135 etnie, ha avuto sempre difficoltà a farle convivere e in passato la giunta militare ha usato il pugno di ferro contro i più riottosi, in particolare i Kachin nel nord. Divampato nel 2011, il nuovo conflitto fra l'esercito governativo e le milizie ribelli del Kachin Independence Army (Kia) - braccio armato della Kachin Independence Organization (Kio) - ha causato sinora decine di vittime civili e almeno 100mila sfollati, in larga maggioranza civili. I leader del movimento indipendentista e i rappresentanti del governo centrale di Naypyidaw - con l'amministrazione, semi-civile, guidata dal presidente Thein Sein - hanno dato vita a numerosi incontri di pace, senza mai giungere a risultati tangibili e duraturi.
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