21/07/2021, 10.37
LIBANO
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Le virtù delle reliquie di san Charbel per salvare il Libano dalla crisi

di Fady Noun

La pandemia di Covid e le difficoltà politiche ed economiche hanno causato un calo dei pellegrini. Il santuario resta però sempre meta per chiedere grazie per se stessi e il Paese. Il convento di Annaya visto come in un pronto soccorso d'ospedale, quando tutti i metodi di guarigione sembrano falliti. 

Beirut (AsiaNews) - In ogni momento, ma soprattutto “in questi tempi di sorte avversa”, per riprendere una espressione usata da papa Francesco il primo luglio scorso, Annaya è una destinazione cara ai libanesi di tutte le confessioni religiose, perché offre una merce rara oggi: il conforto della speranza e, a volte, anche di guarigioni che non hanno valide spiegazioni scientifiche. 

I ristoranti che circondano il monastero accusano al momento un progressivo calo dei frequentatori, fattore che offre al contempo un barometro affidabile della situazione generale del Paese. La situazione sanitaria, unita agli effetti catastrofici del crollo della libera circolazione e della crescita vertiginosa dei prezzi, sia per quanto concerne i generi di prima necessità, del carburante o dei mezzi pubblici, hanno avuto - almeno in parte - ragione di quella che un tempo era una realtà di prosperità. I clienti sono assai meno numerosi di questi tempi, assicurano gli autisti dei minibus che collegano la tratta Jbeil-Annaya, dove le tariffe hanno ormai superato le 15mila lire locali (circa 8 euro). 

Il costo dei trasporti potrebbe spiegare perché, nella terza domenica di luglio, giorno in cui la Chiesa maronita celebra san Charbel, non è stato il patriarca a celebrare la messa solenne alla presenza del capo dello Stato, come avveniva d’abitudine, ma il superiore dell’ordine monastico libanese, l’abate Neemtallah Hachem.

Difficoltà finanziarie sono evocate anche da p. Louis Matar, che tiene il registro delle guarigioni e delle Grazie ottenute dai visitatori per intercessione del santo. Il monaco-prete conferma che in questi giorni si avverte la mancanza dei certificati medici che attestano le guarigioni (miracolose). “I fedeli, a causa dei costi aggiuntivi che essi comportano, considerano questi documenti superflui. In realtà, sono - assicura - la più grande prova del miracolo ottenuto”.

Un gran numero di guarigioni avveniva proprio sulla tomba di san Charbel, vicino a un corpo che, inspiegabilmente, ha continuato a trasudare sangue a più di 60 anni dalla sua morte, la notte di Natale del 1898. Questo prodigio, che oggi si è interrotto, è stato osservato da decine di migliaia di libanesi all’apertura della tomba di San Charbel nel 1952.

La comunione dei santi

Per Edina Bozoky, esperta di origine ungherese, docente di Storia medievale all’università di Poitiers, “il culto delle reliquie si fonda sul concetto di una forza (virtus) che immaginiamo sia rimasta viva e attiva nelle spoglie dei santi” .

“Tra i segni - aggiunge - che testimoniavano la forza viva che risiedeva nelle spoglie dei santi, uno dei più importanti era lo stato incorrotto dei corpi, talvolta accompagnato da certi fenomeni che attestano la continuità della vita: la crescita dei capelli, della barba, delle unghie, ma anche il sangue fresco che sgorga dal corpo”, tutti fenomeni osservati in san Charbel.

“Infine - sottolinea - immaginiamo che le anime dei santi siano già presso Dio, dove possono intercedere per i vivi. Anche questo concetto di ‘comunione dei santi’, che attenua la separazione tra vivi e morti, deve essere preso in considerazione per la comprensione del culto delle reliquie. Gli anfratti in cui sono custoditi - conclude - costituiscono luoghi di mediazione, luoghi santi (loca sancta) che collegano terra e cielo, corpo e anima”.

Non si potrebbe descrivere meglio il convento di Annaya. “Veniamo qui nello stesso modo in cui ci rechiamo in un pronto soccorso di un ospedale” afferma una donna sposata, venuta nel luogo sacro assieme al marito e alla figlia. “Si viene quando tutti i tentativi di guarigione sono falliti, e non vi e altro rimedio se non un miracolo. Ci veniamo - aggiunge con discrezione - anche per emergenze diverse da quelle della sfera sanitaria. Per delle necessità impellenti dei sensi”.

Molti in questi giorni vanno ad Annaya per chiedere un miracolo anche per il Libano. Dal convento affacciato sulla valle santa, dove ha celebrato messa il 17 luglio, il patriarca Beshara Raï ne ha fornito l’esempio: “A te - ha detto - affidiamo la nostra e la tua patria, il Libano. Abbiamo bisogno di un miracolo e sappiamo che sei in grado di ottenerlo” facendo eco alle parole di p. Louis Matar, che vuole ricordare il modo in cui l’eremita di Annaya ama presentarsi alle persone cui si presenta in sogno: “Sono san Charbel del Libano, e vengo per guarirvi”. 

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