Le proteste premono sulle diplomazie. Anche sull’Indonesia
Oggi un raduno multi-etnico, per dimostrare alla comunità internazionale che le etnie del Paese possono vivere insieme senza il pugno duro dell’esercito. Il ministro indonesiano degli Esteri, Ratno Marsudi costretta a cancellare una visita in Myanmar. Manifestazione anche davanti all’ambasciata italiana.
Yangon (AsiaNews) – Non si fermano le proteste nel Paese contro il colpo di Stato militare, anche se la giunta al potere ha proibito raduni con più di cinque persone. In più essa ha messo in guardia i giovani dal rischio di morte, se partecipano alle manifestazioni “trascinati” dai più grandi.
Eppure anche oggi a Yangon sono previste alcune dimostrazioni. In particolare è in preparazione una a Mayangone, nella zona nord della città. Il raduno è speciale perché vuole essere multi-etnico, dimostrando alla comunità internazionale che le etnie del Myanmar possono vivere insieme senza il pugno duro dell’esercito. Sei giorni fa se n’era svolto un altro a cui hanno partecipato 27 gruppi di diverse etnie.
La multietnicità del Myanmar è stata spesso una zavorra per l’unità nazionale, anche se l’esercito – che si poneva come garante dell’unità del Paese – ha sempre attuato la politica del divide et impera, dando armi a un gruppo, combattendo un altro, intervenendo per “pacificare”. Le manifestazioni multietniche sono una novità di questo momento nel Paese, in cui la maggioranza delle etnie si trova unita contro il golpe e contro la giunta.
La comunità internazionale – e soprattutto i membri dell’Asean, l’associazione dei Paesi del sudest asiatico – è preoccupata per la stabilità del Paese e per questo non osa schierarsi in modo aperto contro la giunta. L’instabilità potrebbe creare l’arrivo sulle loro coste di decine di migliaia di profughi e rendere difficile il loro commercio col Myanmar.
Per questo, da giorni, Singapore – maggior partner economico – e Indonesia (ex dittatura militare, simile al Myanmar) si barcamenano fra le affermazioni che il colpo di Stato è “un affare interno” in cui non intromettersi, e quella per cui occorre trovare una soluzione all’impasse.
Giorni fa, secondo alcuni media, il ministro indonesiano degli Esteri, la signora Retno Marsudi, si era messa in moto per radunare i Paesi Asean attorno all’idea di garantire nuove “elezioni giuste e inclusive”, dopo che la giunta aveva bollato le elezioni di novembre per pretesi brogli e promesso che avrebbe tenuto nuove elezioni entro un anno.
Tale posizione non è piaciuta alla popolazione birmana: da tre giorni gruppi di giovani manifestano con sit-in davanti all’ambasciata indonesiana, rifiutando la proposta (foto 1 e 2). Un fatto simile, dice uno di loro, “significa ammettere che le elezioni di novembre fossero falsate. E questo non è vero. Noi vogliamo il ritorno del parlamento eletto dal popolo”.
Anche altre ambasciate hanno ricevuto la visita e la manifestazione di gruppi che domandano un’azione internazionale contro la giunta militare e la liberazione dei leader democratici imprigionati. Davanti all’ambasciata italiana un folto gruppo issava il cartello: “Di quanti morti c’è ancora bisogno per decidersi ad agire?” (foto 3).
Alcuni fanno notare che la pretesa proposta indonesiana tradisce lo statuto dell’Asean, che promette di sostenere “democrazia” e “diritti umani”.
Ieri, il portavoce del ministero indonesiano degli Esteri Teuku Faizasyah, ha dichiarato che l’Indonesia “non ha né pubblicato né formulato alcun piano d'azione” sul Myanmar. Egli ha confermato che il suo governo sta lavorando con altri dell’Asean “per trovare una soluzione amichevole”, attraverso “canali democratici”.
Retno Marsudi, che aveva pianificato un viaggio in Myanmar per oggi, ha cancellato il programma. Per i giovani dimostranti questa è una notizia positiva: “La visita del ministro, la prima dopo il colpo di Stato, sarebbe parsa come un riconoscimento della giunta militare”.
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