Le lacrime (e gli auguri) di Natale
Roma (AsiaNews) - Anche quest'anno alla grotta di Betlemme sono sgorgate le lacrime. Non per uno strano "miracolo", ma per semplice commozione. Posso dire che ogni anno, guidando il pellegrinaggio di AsiaNews in Terra Santa, quando celebriamo la messa in qualche grotta della basilica o all'altare della Natività non posso nascondere gli occhi inumiditi e la voce impacciata. Non sono un tipo facile a commuoversi. E allora perché questo sussulto sentimentale? Ho trovato la risposta nella frase di papa Francesco che abbiamo scelto come augurio di Natale: "La ragione della nostra speranza è questa: Dio è con noi e Dio si fida ancora di noi! Egli viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme all'uomo e farsi trovare là dove l'uomo trascorre i suoi giorni nella gioia o nel dolore. Pertanto, la terra non è più soltanto una "valle di lacrime", ma è il luogo dove Dio stesso ha posto la sua tenda, è il luogo dell'incontro di Dio con l'uomo, della solidarietà di Dio con gli uomini" (Udienza generale del 18 dicembre 2013).
La commozione viene dal fatto che con Natale noi celebriamo ancora una volta che Dio si è fidato di noi, ci ha scelti come partner e come amici. Per quanto in un anno si sperimentino tradimenti, bassezze, piccinerie, egoismi, Lui non si è stancato di me. Riproposto a livello planetario, significa che per quante guerre, ingiustizie, torture, persecuzioni, Dio non ha smesso di sperare nel cambiamento dell'uomo e viene ad aiutarlo.
Questo Suo affetto appassionato per me e per il mondo ridà dignità alla nostra umanità ferita e martoriata, complicata e oscurata dal male. Di fronte ai disastri che si registrano in Asia e sul pianeta la tentazione di molti politici e gente comune è di far finta di niente, di distrarsi, magari prendendo a scusa la propria impotenza perché "occorrerebbe fare tante cose, ma noi non possiamo". Oppure c'è la tentazione apocalittica, di una percezione da fine del mondo, che produce anch'essa immobilismo sterile e grida isteriche.
Il Natale invece è segno che qualcosa è iniziato e che questo qualcosa non è un'idea, ma una Persona amante, che ho incontrato e che ha rotto la mia solitudine disperata e la mia impotenza.
Quanti testimoni della dignità dell'uomo e della fede in Lui abbiamo trovato in quest'anno segnato dal terrorismo, dai disastri, dalla malvagità di noi uomini! Quanta gratitudine a scoprire i molti profughi di Mosul rifugiati in Kurdistan che, ascoltando i loro pastori rinunciano a partire per l'estero per rimanere a testimoniare la fede e la cultura cristiana araba in Medio oriente. E quanta gratitudine per i fedeli dell'India che incuranti delle violenze e delle leggi anti-conversione continuano a proporre la gioia della fede cristiana ai valori e agli scarti della loro società. E che dire del movimento Occupy di Hong Kong, che ha mostrato un volto del mondo cinese non fatto di pragmatismo e avidità, ma di interesse al bene comune e alla giustizia? Questi testimoni del Natale danno speranza a tutti perché mostrano che un'alba nuova è iniziata, che la terra non è solo "valle di lacrime". Ormai possiamo guardare alle piaghe del mondo con coraggio e senza paura perché Dio le ha amate e perché ci sono uomini e donne che in Suo nome ci vivono dentro e le curano.
Ma che cos'è un testimone per tutte le piaghe del mondo? Forse quasi un nulla. La stessa domanda si poteva porre 2mila anni fa: cos'è un bambino per tutti i bisogni del mondo?
Dobbiamo imparare la logica del Natale: quel Bambino ha portato una rivoluzione dei cuori e delle mentalità che ancora oggi si fa fatica a fermare e incatenare. Le vere rivoluzioni - non quelle ideologiche che si trasformano nel loro contrario - partono dal cambiamento di sé e si diffondono con ritmi umani, non con progetti astratti a tavolino, ma con la condivisione e la solidarietà di ognuno. Buon Natale!