20/11/2024, 08.49
GEORGIA-RUSSIA
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Le dimissioni del presidente dell'Abkhazia scossa dalle proteste

di Vladimir Rozanskij

Nella regione separatista della Georgia da 15 anni sotto il controllo di Mosca migliaia di persone si sono sollevate contro gli accordi del governo con gli oligarchi russi. Bžanija ha annunciato il passo indietro “per conservare la stabilità e l’ordine costituzionale”. Eventi non inediti per Sukhumi, destinata comunque a rimanere saldamente nelle mani del Cremlino.

Tbilisi (AsiaNews) - In una fase di grande sommovimento popolare in Georgia, divisa tra l’orientamento della maggioranza verso Mosca e dell’opposizione verso l’Europa, si inserisce clamorosamente la crisi in Abkhazia, una regione separatista che insieme all’Ossezia del sud rimane ormai da 15 anni sotto il controllo della Russia, e dove i cittadini si sono sollevati contro gli accordi delle strutture governative con gli oligarchi russi, chiedendo di “non svendere il Paese”.

Le manifestazioni dei giorni scorsi hanno portato i dimostranti a sfondare i portoni del palazzo del parlamento e a prendere d’assalto anche l’amministrazione presidenziale, chiedendo le dimissioni del “presidente della repubblica” autoproclamata, Aslan Bžanija, che dopo un primo tentativo di conciliazione è scomparso, per poi riapparire nel suo paese natale e infine annunciare le sue dimissioni, accolte dal parlamento di Sukhumi. Nel video diffuso dall’ormai ex-presidente, egli assicura di trovarsi “nel mio villaggio di Tamyš con i miei parenti e amici”, smentendo le voci di essere fuggito in Russia, e affermando di essersi dimesso “per conservare la stabilità e l’ordine costituzionale del Paese”.

Il parlamento ha nominato il vice-presidente Badra Gunba al posto di Bžanija, mettendo come primo ministro Valerij Bganba, ex-speaker della camera dei deputati, al posto di Aleksandr Ankbav, anch’egli dimessosi dal suo incarico. L’attuale presidente del parlamento, Laša Ašuba, ha dichiarato che “per l’ennesima volta abbiamo dovuto riportare il nostro Stato sui binari della legalità, ciò che è fondamentale per la vita del nostro popolo”. I deputati hanno dunque rinviato la seduta in cui si doveva ratificare l’accordo di investimenti con Mosca, e dall’amministrazione presidenziale è giunta la promessa di annullarlo. L’ufficio stampa del presidente ha diffuso un testo di accordo firmato tra le autorità e le opposizioni durante la sommossa, in cui queste ultime si impegnano a lasciare il palazzo occupato e a liberare il centro di Sukhumi, in cambio delle dimissioni di Bžanija e della bocciatura del contratto con i russi.

Non si tratta di eventi inediti nella tumultuosa regione separatista della Georgia, dove vi sono stati diversi presidenti messi in fuga dalla popolazione durante proteste di piazza. Lo stesso Bžanija era andato al potere in questo modo nel 2019, frantumando le finestre e le porte del palazzo del governo e costringendo il suo predecessore a dimettersi. Per evitare l’effetto-boomerang, egli aveva ristrutturato l’edificio con sistemi di blindamento, macchine corazzate e video-sorveglianza, protette da un grande numero di guardie del corpo, ma queste misure non sono valse a nulla di fronte alla folla che ha invaso gli spazi del potere.

L’accordo firmato con gli imprenditori russi il 15 novembre scorso ha riacceso gli scontri, rivelando come anche nelle zone più filo-russe del territorio georgiano non si ammette il dominio di Mosca, che con i suoi oligarchi avrebbe fatto proprie tutte le terre abkhaziche che potevano portare dei guadagni. Bžanija aveva fatto tutto il possibile, nascondendo i documenti degli accordi, arrestando gli attivisti contrari, ignorando le voci contrarie dell’opinione pubblica, dei consigli degli anziani e altre realtà, ma si erano poi diffuse voci sulla corruzione di vari deputati a cui i russi avrebbero promesso un compenso di 12 milioni di rubli (quasi 15 mila euro) per il voto favorevole, provocando ulteriori reazioni tra i 250mila abitanti dell’Abkhazia. Alla prima sessione su questo argomento si sono presentati soltanto 21 deputati sui 35 che compongono la camera parlamentare, senza poter raggiungere i 18 voti necessari per l’approvazione.

Il governo ha quindi schierato davanti al parlamento i camion e i mezzi corazzati con i cannoni ad acqua e i lacrimogeni, radunando tutte le forze dell’ordine possibili, ma nulla ha potuto fermare l’assalto della folla. Ora si attende la nuova rappresentazione della “lotta per l’indipendenza” dell’Abkhazia, ben sapendo che chiunque salga al potere non potrà che essere un burattino nelle mani del Cremlino. Nonostante le dimissioni, Putin ha ignorato le proteste invitando Bžanija a Mosca per i festeggiamenti dell’80° della vittoria contro i nazisti, il prossimo 9 maggio 2025, mentre l’ex-presidente della Georgia, Mikhail Saakašvili, ha lodato i manifestanti abkhazi, che “sono riusciti a fare quello che dovrebbero esprimere tutti i georgiani, bloccando la colonizzazione dei russi”.

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