Le ambizioni verdi dell'economia del Kazakistan
Nel Paese sono attivi 142 centri tra parchi eolici, grandi impianti a pannelli solari e stazioni idroelettriche. Nell’insieme la produzione da fonti rinnovabili rimane ancora sotto il 5% dell’energia complessiva, ma il governo punta ad arrivare al 50% entro il 2050. La logistica e le condizioni climatiche restano però ostacoli ancora da superare.
Astana (AsiaNews) - All'indomani della conclusione della Cop28 di Dubai - che non è riuscita a seppellire definitivamente i combustibili fossili di sauditi, russi e iraniani - il Kazakistan si trova invece a rappresentare un araldo dell’economia green nel vasto mondo ex-sovietico e centrasiatico. Già 10 anni fa era stata proclamata la svolta verde dell’economia kazaca, secondo la quale entro il 2050 almeno metà dell’energia prodotta dal Paese dovrà essere generata da fonti rinnovabili, acqua, sole e vento. Il potenziale del Kazakistan in questo campo è considerato enorme, nella vastità del suo territorio scarsamente popolato, ma ampiamente disponibile.
La prima concezione esplicita dell’economia verde fu infatti approvata nel 2013, ancora sotto la presidenza di Nursultan Nazarbaev, stabilendo al 2030 il 15% di produzione da fonti rinnovabili, e il 50% entro il 2050. Uno dei primi grandi progetti fu il parco eolico del corridoio di Šeleksk, a 140 km da Almaty, la più popolosa città del Kazakistan. La potenza della stazione da 24 turbine a 90 metri d’altezza, inaugurata a settembre del 2022, è di 226 giga watt all’ora, il 5% delle necessità annue di consumo della metropoli. Il parco è costato 80 milioni di dollari, finanziato con i crediti concessi dalla banca centrale della Cina.
La gestione è stata affidata alla compagnia statale Samruk-Energo in comune al partner cinese Power China, proprietaria del 75% della stazione, e insieme hanno dichiarato che il parco eolico “sarà una grande risorsa non solo per il Kazakistan, ma per l’intero pianeta”, in quanto permetterà di ridurre le emissioni risparmiando 80 mila tonnellate di carbone, garantendo l’energia per 60 mila abitazioni. Il governo di Astana ha destinato alle energie rinnovabili oltre 700 miliardi di tenge nell’ultimo decennio.
Attualmente in Kazakistan sono attivi 142 centri tra parchi eolici, pannelli solari e stazioni idroelettriche, che nell’insieme rimangono ancora sotto il 5% dell’energia complessiva. L’ottimismo sullo sviluppo complessivo rimane ancora piuttosto alto, anche se la tempistica viene frenata da molti fattori, a partire dalle difficoltà della logistica, che impedisce di trasportare e installare con la necessaria velocità le grandi torri delle pale eoliche con tutta la struttura. Le comunicazioni su strada sono molto limitate nel Paese, e pesano molto le temperature, che mettono alla prova le imprese di produzione dovendo calcolare un diapason tra i -50 e i +50 gradi a seconda delle stagioni.
I costi risultano molto superiori rispetto alla maggior parte degli altri Paesi, come risulta dalle relazioni della Banca europea di sviluppo e ricostruzione, un altro dei grandi creditori dei progetti green del Kazakistan. L’instabilità climatica è inoltre risultata piuttosto evidente nei mesi di siccità di quest’anno, in cui la sequenza troppo lunga di giornate senza vento, come anche di quelle con il sole coperto, possono rendere del tutto inattive le installazioni che assicurano energia pulita senza combinazioni con quella fossile. Secondo Žaslan Kasenov, direttore del dipartimento per le fonti rinnovabili del ministero dell’energia, “siamo ancora lontani dalla possibile sostituzione delle fossili con le rinnovabili, rispetto ad altri Paesi dove le condizioni sono più favorevoli”.
Servono anche “manovre concordate con gli Stati confinanti”, asserisce l’esperto in campo energetico ed economico Aset Nauryzbaev, già direttore della compagnia Kegoc, operatore nazionale per l’amministrazione delle reti elettriche. Il Kazakistan è già pronto a mettere a disposizione strutture come la potentissima stazione a gas del Turkestan o quella di Kyzylord, come riserve per grandi progetti rinnovabili che superino i confini meridionali e diffondano una nuova cultura e una nuova tecnologia.
Come afferma un altro esperto, Anuar Koškarbaev, il problema “non sta principalmente nelle tecnologie: se la Danimarca riesce a produrre il 67% della sua energia con le fonti alternative, è grazie alle garanzie di riserva dei Paesi vicini, in una concezione di solidarietà globale”. Questi problemi vengono di solito affrontati dal Kazakistan in trattative bilaterali, quando serve una visione comunitaria, che renda l’Asia centrale “una vera unione di popoli, non solo una regione di Paesi secondari rispetto ad altri grandi centri”.
21/06/2023 13:16