La vita e il martirio di Alessio Hwang “vanno letti con gli occhi della fede”
Seoul (AsiaNews) - La vita di Alessio Hwang Sa-yeong "dovrebbe essere letta alla luce della sua fede e del suo martirio da un punto di vista spirituale, in modo da interpretare con spirito corretto anche le scelte che ha compiuto". Lo ha detto mons. Igino Kim Hee-joong, arvicescovo di Gwangju, durante un simposio organizzato dalla Conferenza episcopale coreana per presentare la testimonianza di fede di questo martire.
Alessio Hwang è infatti inserito nel gruppo dei 123 compagni di Paolo Yun Ji-chung, vittime della persecuzione Byeongin (tra la prima e la seconda metà dell'800) e proclamati "servi di Dio" da Papa Giovanni Paolo II nel 2003. La Chiesa cattolica coreana è in attesa della loro beatificazione, e il vescovo di Daejeon mons. Lazzaro You Heung-sik ha invitato Papa Francesco in Corea per l'occasione.
La vita di questi martiri è di grande esempio per la Chiesa locale, dinamica e in espansione. Il caso di Alessio Hwang è particolare, dato che per molto tempo è stato considerato un "traditore" dai nazionalisti coreani per la sua "Lettera di seta", un messaggio inviato al vescovo di Pechino nel 1801 per chiedere "l'aiuto dell'Occidente" contro la persecuzione del governo locale. AsiaNews ha già presentato la vita di alcuni di questi martiri e continua a proporre la loro testimonianza.
Alessio Hwang Sa-yong nasce nel 1775 in una famiglia nobile nei pressi dell'attuale Seoul. Membro dell'elite nazionale, ammesso alla Corte reale dell'allora Chosun, inizia a conoscere il cattolicesimo grazie all'opera di p. Zhou Wenmo, sacerdote di nazionalità cinese entrato in maniera illegale in Corea nel dicembre del 1794. Dopo un catechismo di circa due anni - reso molto complicato dalle restrizioni sociali - il giovane si converte e diventa cristiano.
La monarchia coreana era infatti feroce nel perseguire i "culti malvagi dell'Occidente" e aveva messo in piedi un sistema di sorveglianza per impedire ai missionari stranieri di raggiungere il Paese. Passando dal confine cinese e in qualche modo protetto dai propri lineamenti, p. Zhou era invece riuscito a evangelizzare circa 400 coreani: molti di questi vennero poi uccisi proprio per non aver voluto rivelare dove si nascondesse il sacerdote.
Dopo la sua conversione, Alessio Hwang è costretto a nascondersi - insieme a molti altri fedeli - nella provincia di Chunchong: piena di cave naturali, l'area diventa una sorta di "catacomba" per i cattolici che fuggono dalle torture della Corte. Proprio nel corso di questa permanenza, il giovane convertito decide di scrivere una lettera all'allora vescovo di Pechino - il francescano portoghese Alexandre de Gouvea - per descrivere la terribile persecuzione religiosa in atto in Corea.
La lettera - composta da 13.311 ideogrammi - è scritta su un tessuto finissimo di seta. Nel testo, il giovane scrive: "Ci sono due motivi per i quali gli orientali perseguono i Sacri Insegnamenti. Non è perché siano incolti o violenti. Da una parte è in corso una lotta fra fazioni [nella politica di Corte ndt], nella quale il cattolicesimo è usato per attaccarsi a vicenda; dall'altra va considerato che la conoscenza locale è molto ristretta e si riduce al confucianesimo Song. Sono come bambini nati e cresciuti in una stanza, che rimangono attoniti e si spaventano se vedono il mondo e gli stranieri".
Nel testo, Alessio Hwang chiede al vescovo di parlare con il Papa e di intercedere presso il governo cinese affinché - attraverso pressioni politiche - conceda ai cattolici la libertà di religione. In alternativa chiede la creazione di una enclave cattolica nella parte nord della Corea "retta da un principe della dinastia cinese dei Qing". Infine, propone che le nazioni cattoliche mandino un esercito per sconfiggere il regno coreano "e consentire così l'ingresso di sacerdoti e missionari, che possano aprire gli occhi del Paese alla luce di Cristo".
La lettera viene intercettata a causa del tradimento di uno dei messaggeri scelti per portarla a Pechino e consegnata alle autorità. Alessio Hwang morirà decapitato dopo giorni di violente torture senza però rinnegare mai la fede cattolica, e la sua famiglia viene condannata all'esilio su un gruppo di isolette sperdute.