15/06/2015, 00.00
NEPAL
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La valle di Kathmandu è “zona di crisi”. A rischio i diritti civili della popolazione

di Christopher Sharma
Per velocizzare la ricostruzione dopo il terremoto, il governo assume piena autorità sull’area. In base al Natural Calamity (Relief) Act 1982, lo Stato può requisire proprietà mobili o immobili dei cittadini e vietare manifestazioni. Prossimi alla riapertura alcuni siti Unesco.

Kathmandu (AsiaNews) – Per un anno tutti e tre i distretti della valle di Kathmandu saranno “zona di crisi”. Lo ha annunciato ieri il governo del Nepal, che spera così di velocizzare la ricostruzione delle proprietà danneggiate o rase al suolo dal “Grande terremoto del 25 aprile scorso. Le aree interessate sono Bhaktapur, Lalitpur e Kathmandu, la capitale. La decisione preoccupa però gli attivisti per i diritti umani locali e stranieri, che temono di subire restrizioni nelle loro iniziative a sostegno dei sopravvissuti.

Minendra Rijal, ministro per l’Informazione e le comunicazioni e portavoce del governo, ha spiegato che la decisione è stata presa in base al Natural Calamity (Relief) Act 1982. “L’attuazione della legge – ha detto – prevede che alcuni diritti civili saranno limitati nella zona interessata, e il governo potrà requisire in via temporanea le proprietà della popolazione, per avviare l’opera di ricostruzione”.

Shyam Mainali, ex segretario ed esperto di crisi, sottolinea le criticità insite nella decisione: “Essa non limita soltanto le proteste pacifiche, ma ostacola in modo grave i diritti democratici del popolo e il diritti a manifestare in modo pacifico”.

Secondo la sez. 3 della legge, il governo può dichiarare lo status di zona di crisi su un’area colpita da calamità naturale, pubblicando una notifica sulla Gazzetta ufficiale. Nel medesimo annuncio va indicata la durata temporale di tale status, che può essere esteso qualora la situazione “non sia stata tenuta sotto controllo”. Per calamità naturale si intendono terremoti, incendi, alluvioni, monsoni, siccità, carestia, epidemie o incidenti industriali di grave entità.

Nella zona di crisi il governo può emettere – fra gli altri – i seguenti ordini: chiusura degli uffici governativi o non governativi, degli istituti educativi, di altre istituzioni; divieto di attività che potrebbero causare effetti avversi sulle opere di ricostruzione; requisire proprietà mobili o immobili di qualunque individuo o istituzione su base temporanea; requisire cereali, vestiti, medicine, materiali da costruzione e altri oggetti appartenenti a uffici non governativi o a privati cittadini, per distribuirli alle vittime della calamità naturale.

Intanto, proprio nella valle di Kathmandu il governo ha deciso di riaprire al pubblico tutti i siti Unesco, nel tentativo di attrarre turisti e migliorare l'economia. Tra i luoghi che si preparano a riaccogliere visitatori vi sono le storiche durbar square, piazze antistanti i palazzi reali, che ospitano decine di templi e luoghi di culto indù. L’Unesco ha espresso “preoccupazione” sulla riapertura dei siti, ma le autorità affermano di aver messo in sicurezza le aree interessate.

Almeno 73.317 case private sono state distrutte dal terremoto e dalle successive scosse di assestamento: 36.973 a Kathmandu, 17.444 a Lalitpur e 18.900 a Bhaktapur. Le abitazioni danneggiate in modo parziale sono state 67.871: 50.753 a Kathmandu, 8.064 a Lalitpur, 9.054 a Bhaktapur. 

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