La tregua in atto da ieri a Gaza fa sperare nella trattativa
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - Situazione relativamente tranquilla a Gaza all'indomani della dichiarazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu per un "immediato e incondizionato cessate il fuoco umanitario". Dalla notte scorsa non ci sono bombardamenti israeliani, anche se a terra l'esercito continua a cercare e distruggere i tunnel di Hamas, ma non risponde agli sporadici lanci di razzi da parte degli islamisti. Il conto dei morti rimane quindi a 1030 per i palestinesi e 45 per gli israeliani.
La dichiarazione del Consiglio di Sicurezza, redatta dal Ruanda, chiede a "tutte le parti di accettare e attuare pienamente il cessate il fuoco umanitario nel periodo di Eid al-Fitr (la festa per la fine del Ramadan, n.d.r.) e oltre" e "invita le parti a impegnarsi per raggiungere un cessate il fuoco duraturo e pienamente rispettato, sulla base della iniziativa egiziana".
La dichiarazione, infine, afferma che "strutture civili e umanitarie, comprese quelle delle Nazioni Unite, devono essere rispettate e tutelate". Il riferimento è alla scuola gestita dall'UNRWA, colpita giovedì dagli israeliani, nella quale sono morte almeno 15 persone. In proposito l'esercito israeliano continua a negare responsabilità per le morti, affermando che le riprese aeree mostrano come al momento dell'attacco il rifugio era vuoto. L'UNRWA ha chiesto una indagine.
La fragilissima tregua in atto, se proseguirà, fa sperare che si possa aprire uno spazio al lavoro delle diplomazie che puntano apertamente alla mediazione egiziana. Oltre alla dichiarazione dell'Onu si è espresso in tal senso anche il presidente americano Barack Obama in una telefonata al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. A quanto riferiscono fonti israeliane e americane, Obama ha detto che una soluzione di lungo termine dovrebbe consentire "ai palestinesi di Gaza di condurre una vita normale" e "dovrebbe assicurare il disarmo dei gruppi terroristici e la demilitarizzazione di Gaza". E anche che il presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas tenta di rientrare in qualche modo in gioco. Ieri sera è partito per l'Arabia Saudita, per incontrare re Abdullah, che ha espresso pieno sostegno al progetto egiziano.
Ma per Hamas, "condurre una vita normale" implica la fine del blocco della Striscia da parte degli israeliani e la riapertura delle frontiere con l'Egitto. Condizioni che il movimento islamista ha più volte ribadito e che ha la necessità di veder accolte per giustificare il bagno di sangue della popolazione civile e risalire la china di impopolarità nella quale l'ha fatta scendere una crisi economica divenuta drammatica, malgrado gli aiuti del Qatar. E molto difficilmente potrebbe accettare una demilitarizzazione della Striscia, ossia il suo disarmo.
Interessante, in proposito, l'affermazione di un alto funzionario dell'intelligence del Pentagono, per il quale la distruzione di Hamas creerebbe una situazione peggiore. Il generale Michael Flynn, capo uscente della Defence Intelligence Agency, parlando all'Aspen Security Forum ha sostenuto che la fine di Hamas lascerebbe spazio a movimenti ancora più estremisti, come lo Stato islamico dell'Iraq e dell'Oriente.