La tradizione centenaria dei tatuaggi in Terra Santa
All’inizio, il tatuaggio era un segno di oppressione, reclamato poi come prova della fede. Dai crociati fino al giorno d’oggi, i pellegrini portano una prova permanente del loro viaggio.
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – Farsi tatuare durante il pellegrinaggio in Terra Santa è una tradizione che ha origini centenarie, una “testimonianza fisica” della fede dei pellegrini.
Wassim Razzouk, intervistato da Middle East Eyes (Mee), racconta che durante le feste deve tatuare i pellegrini nei più ampi spazi dei monasteri, perché il suo studio è troppo piccolo. Questa Pasqua, si è trasferito nel sotterraneo del monastero siriaco di San Marco, nella Città vecchia di Gerusalemme.
Al momento dell’intervista erano almeno 30 i pellegrini presenti nel sotterraneo. Kareem Solomon, un cristiano assiro di 26 anni di origini irachene e cittadinanza britannica, ha raccontato a Mee di aver deciso di farsi tatuare una croce durante il suo viaggio: “Sono cristiano e voglio che gli altri lo sappiano”.
Il tatuaggio è una tradizione della famiglia di Wassim da 700 anni, originata in Egitto e continuata da 450 anni a Gerusalemme. Quando la famiglia emigrò, gli antenati di Wassim servivano la piccola comunità copta, per arrivare poi ad integrarsi nella comunità locale.
Tatuando i soldati inglesi fra il 1920 e il 1948, il nonno di Wassim, Yacoub, riuscì ad aprire uno studio in Gerusalemme ovest. Con la prima guerra arabo-israeliana Yacoub fu costretto a fuggire in Giordania e a chiudere l’attività. Dopo la fine della guerra, la famiglia si stabilì a Gerusalemme est, dove rimasero l’ultima famiglia palestinese a fornire tatuaggi ai pellegrini.
L’anno scorso, Wassim ha aperto uno studio ufficiale nella Città Vecchia. Per lui, il suo lavoro non è solo un modo per riaffermare la propria fede, ma anche le sue radici palestinesi: “Soprattutto in quanto parte di una minoranza [religiosa] in Palestina, io mi sento onorato di essere custode di una pratica connessa così in profondità con la nostra storia nella regione”.
In origine per i cristiani farsi tatuare in Terra Santa non era una scelta presa in autonomia, ma un’imposizione oppressiva: durante l’epoca romana venivano talvolta arrestati, marchiati e costretti a lavorare in miniere di oro, argento e piombo; con la conquista islamica della regione nel 640 d.C. venne loro imposto il tatuaggio di una piccola croce nel lato interno del polso destro. Lo scopo era rendere più facile alle autorità il riconoscimento e la raccolta delle tasse.
Tuttavia, i cristiani hanno poi “reclamato” questo segno di riconoscimento come prova della loro fede. Alcune chiese, in particolare nella tradizione copta, cominciarono a offrire tatuaggi ai fedeli e a chiedere di mostrarlo prima entrare, usandolo come strumento di tutela. Per i cristiani perseguitati, il tatuaggio della croce divenne un simbolo di vicinanza alla sofferenza di Gesù Cristo.
05/09/2017 15:43
05/12/2017 15:22