La sfida di Benedetto XVI e della GMG: Cristiano è vero ed è bello
Il milione e passa di pellegrini che hanno sfidato le nebbie e il caldo di Colonia sono ormai tornati a casa. Il papa li ha invitati a fare come i Magi, a tornare ai loro paesi "per un'altra via": non più quella banale e ovvia della "religione fai-da-te" o della libertà come un "godersi la vita", ma la strada del "diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia".
Quello che papa Ratzinger ha proposto ai giovani non è un cristianesimo "dei valori", che tanto piace all'agnosticismo laico. È piuttosto un fede come adorazione ("bocca a bocca, bacio, abbraccio, e quindi in fondo amore"), rapporto con la persona viva e presente di Gesù Cristo, che si incontra nella Chiesa cattolica.
Nella sua prima intervista alla Radio Vaticana, il papa ha detto che a Colonia egli voleva comunicare ai giovani che "è bello essere cristiani". Penso davvero che ci sia riuscito.
Alcuni squarci dei suoi discorsi hanno una bellezza e una profondità vertiginosi. Il "potere inerme dell'amore che sulla Croce soccombe e tuttavia costituisce una cosa nuova"; il potere di Gesù di trasformare la sua morte nell'"atto di un amore che si dona totalmente" sono dei modi con cui emerge l'assoluta unicità della persona di Gesù Cristo nel panorama delle religioni contemporanee.
Ebraismo e Islam
Nel commovente incontro del papa con la comunità ebraica di Colonia, Benedetto XVI ha di continuo sottolineato l'eredità ebraica del cristianesimo; nella sua lettura dell'ultima Cena ha mostrato la dipendenza del gesto di Gesù dalla Pasqua ebraica; ma non ha nascosto il "nuovo" portato da Gesù con il suo sacrificio sulla Croce e il valore della sua "ora" a cui Egli chiede ai discepoli di partecipare. Allo stesso modo, durante l'incontro nella Sinagoga, ha chiesto che ebrei e cristiani si impegnino non solo contro l'antisemitismo, ma anche contro le "varie forme di ostilità generalizzata verso gli stranieri".
Nella sue riflessioni durante la veglia a Marienfeld il papa ha anche messo in guardia i giovani a cercare in Cristo il vero volto di Dio perché "sono molti coloro che parlano di Dio; nel nome di Dio si predica anche l'odio e si esercita la violenza". Il richiamo è molto simile a quello fatto agli "amici musulmani" il giorno prima, quando ha parlato del terrorismo "perverso e crudele" che usa tutti i mezzi per "avvelenare i nostri rapporti", servendosi di tutti i mezzi, "anche della religione".
La vera rivoluzione e riforma
Noi però osiamo pensare che la vera questione che Benedetto XVI ha avuto in mente nel parlare ai giovani non è tanto il versante religioso, ma il materialismo delle ideologie contemporanee. Sono queste che, dimenticando le esigenze da cui sono partite, ricercano soltanto il potere per sé.
Egli ha posto con chiarezza una divisione fra il "potere inerme" della Croce e il "potere rumoroso e prepotente di questo mondo". Alle rivoluzioni che non si attendono "l'intervento di Dio" e divengono totalitarie, egli ha contrapposto i santi, veri "rivoluzionari" e veri "riformatori". "Solo dai santi, solo da Dio egli ha precisato - viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo".
Nel giudizio del papa non vi è solo il marxismo rivoluzionario, ma anche il materialismo consumista, l'individualismo che cerca solo la soddisfazione per sé, che "assolutizza ciò che è relativo" e che per ogni cosa si domanda sempre e solo "questo a che cosa mi serve?". È questo ateismo pratico il portatore di una religiosità del "fai-da-te", un "Dio privato" che rende incapaci di impegnarsi nel mondo.
Mentre Benedetto XVI smonta ogni pretesa "rivoluzionaria" e "trasformatrice", invita gli stessi atei a riscoprire la verità del proprio cuore: "Già da sempre tutti gli uomini in qualche modo aspettano nel loro cuore un cambiamento, una trasformazione del mondo"; il totalitarismo "non libera l'uomo, ma gli toglie la sua dignità e lo schiavizza. Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero".
Cristianesimo "al ribasso"
Parlando ai giovani di Colonia il papa ha lanciato una sfida. Egli ha proposto non un cristianesimo del sentimento e dell'emozione, ma quello del rapporto con Cristo e dell'intelligenza della scelta, un cristianesimo che è insieme della ragione e del cuore.
I giovani lo hanno compreso e amato per questo. Gli applausi continui alle sue parole, la simpatia da loro manifestata, lo stesso silenzio e l'adorazione eucaristica durante la Veglia una prima assoluta nelle Gmg, spesso molto festaiole indicano che Benedetto XVI è in sintonia con i giovani. La risposta entusiasta e pensosa dei giovani è una sfida per noi, educatori dei giovani. È una sfida per quei sacerdoti e laici che ancora preferiscono proporre un cristianesimo "al ribasso", fatto di spettacoli ("per attirare i giovani") e poco di preghiera; una fede ridotta a ideologia senza Cristo, magari "impegnata", ma che cerca solo potere e non distingue il vero dal falso.
Il messaggio di Colonia, di questo stretto rapporto creatosi fra il papa e i giovani è una sfida anche ai poteri mondiali. Nella misura in cui essi pretendono costruire lasciando Dio ai margini, costruiscono soltanto totalitarismi politici e culturali.
Quello del papa e dei giovani della Gmg è una sfida e un appello ai miliardi di uomini e donne d'occidente chi vivono "una strana dimenticanza di Dio", assaporando un'apparente borghese tranquillità "senza di Lui", ma in realtà soffrendo "un sentimento di frustrazione, di insoddisfazione". A un mondo che cerca la soddisfazione immediata e il potere Colonia propone la fede come strada alla felicità, attraverso il servizio a Cristo e all'uomo, al povero, al sofferente e all'anziano. La contentezza sui visi dei giovani e la gioia tranquilla sul volto del papa promettono bene. Provare per credere.