La rivoluzione in Egitto è fatta dai giovani e non dai Fratelli Musulmani
Il Cairo (AsiaNews) – P. Henry Boulad, Direttore del Centro culturale gesuita di Alessandria, e Soliman Chafik, giornalista e analista politico, ci hanno inviato questa lettura dei fatti di questi giorni in Egitto.
Prevista, preparata, pianificata, annunciata questa rivoluzione è il risultato di un lungo cammino, di una lunga gestazione. Prima domanda da porsi: chi c’è dietro questa sollevazione? Quali sono i veri attori? I Fratelli musulmani? Il Mossad? L’Iran? L’America? L’Occidente ? Questo o quell’altro agente straniero ? Oppure semplicemente il popolo egiziano stesso – un popolo che aveva troppo sopportato, troppo sofferto, troppo subito – che non ne poteva più di essere schiacciato, sfruttato, calpestato, e che all’improvviso è esploso?
Il popolo…ma quale popolo ? Non il piccolo popolo che è vissuto sempre nella paura e nella sottomissione…ma una certa categoria molto precisa: i giovani, e più precisamente quelli fra 25 e 35 anni, appena diplomati, e tuttavia disoccupati, frustrati, senza impiego, senza alloggio, senza prospettive di un avvenire.
Questi giovani, al di là di un insegnamento scolastico abbrutente, degli slogan religiosi vuoti e senza sostanza, delle costrizioni sociali e morali alienanti cercano la loro strada e un senso alla loro vita attraverso Internet, Youtube, Facebook e Twitter.
Questi giovani, con occhi e orecchie bene aperti assorbono, consumano, assimilano tutto il giorno e tutta la notte tutto ciò che il mondo d’oggi propone loro sul net…il meglio e il peggio. Questi giovani, di cui alcuni frequentano scuole straniere o l’università americana, sognano aperture e modernità.
Sono questi giovani – aperti, emancipati, capaci di riflessione e di critica – che hanno covato, organizzato e messa al mondo questa rivoluzione. Ma, una volta messa al mondo, questa rivoluzione non ha tardato a essere agganciata dai Fratelli musulmani, che hanno cercato di recuperarla, a farne una cosa loro, a rubarla ai giovani che l’avevano creata e inventata.
Dunque da un lato i giovani veri attori e autori di questa rivoluzione; dall’altra i Fratelli musulmani che cercano di appropriarsene…Ma chi ancora? Ci sono altri protagonisti negli eventi che si svolgono ora in Egitto? Certamente ci sono gli uomini del potere, in primo luogo il Presidente, che non vogliono mollare, lasciare il loro posto, e si aggrappano, becco e unghie alla poltrona che occupano da lustri. Questa cricca spesso corrotta, gonfia di privilegi, ricca di miliardi alle spese del popolo minuto, sente oggi che tutto le sta sfuggendo e cerca di reagire e di fare fronte. E’ lei senza dubbio dietro l’attacco brutale di mercoledì 5 febbraio, quando energumeni muniti di lame e armi da fuoco, a cavallo o su cammelli, hanno caricato ciecamente una folla inerme che aveva scelto una rivoluzione pacifica basata sul dialogo e il negoziato.
Nei fatti, questi bruti scatenati sembrano essere al soldo non solamente della vecchia cricca al potere ma di tutti i magnati dell’industria, del commercio e della finanza che approfittavano del “sistema”. Questa banda soffre nel dover lasciare, e senza dubbio è lei che ha mobilitato questi briganti senza legge né fede per intimidire la gente e spezzare la sua determinazione.
Ci sono altri protagonisti? Probabilmente alcuni elementi stranieri che cercano di approfittare della situazione per pescare nel torbido. Ma non sono che una minoranza minuscola. Ci sono infine i teppisti, banditi e ladri, che hanno saccheggiato i negozi, svaligiato gli appartamenti, rapinato i passanti…e che hanno interesse a che il disordine continui.
Chi c’è ancora?
L’esercito, certamente! Solo garante dell’ordine, neutrale fino ad ora, vicino alla gente, nemico dei Fratelli musulmani, che si opporrà fermamente nel caso che questi tentino di impadronirsi del potere. Avremo una nuova dittatura militare, che ci riporterebbe alla casella di partenza, vale a dire al colpo di stato del 1952? E’ possibile? Non ci sarebbero altri scenari?
E la Chiesa in tutto questo? I cattolici – gerarchia, clero, religiosi e religiose, fedeli – tengono un prudente silenzio e si rifugiano nelle loro chiese, a messa, o in riunioni di preghiera. Il patriarca copto-cattolico rompe il silenzio con una dichiarazione in cui si assicura Mubarak del nostro sostegno e delle nostre preghiere.
Quanto ai copti ortodossi, che rappresentano la schiacciante maggioranza dei cristiani d’Egitto, sono più divisi che mai. A livello della gerarchia, è la corsa alla successione in un’atmosfera di fine regno. Quanto a Shenouda, fa anche lui l’elogio del Presidente assicurandolo delle sue preghiere, a dispetto di tutta una corrente laica che lo sconfessa e trova che si compromette gravemente prendendo posizione. Pensano che dovrebbe adottare un atteggiamento molto più neutrale per non vedersi accusare più tardi di collaborazione con l'"ancien régime".
La maggioranza dei cristiani, a parte alcuni attivisti o intellettuali impegnati, si tiene a una certa distanza da questi conflitti politici e avrebbe, sembra, ricevuto consegne in questo senso da parte della gerarchia. In realtà vivono nella paura e prevedono il peggio nel caso in cui i Fratelli musulmani prendano il potere. Per il momento, grazie a Dio, non si è verificato nessun incidente confessionale, anche se chiese e conventi non sono più protetti dalla polizia.
Torniamo all’ultimo, e primo, protagonista di questi eventi: il popolo stesso. Preso di sorpresa dalla scomparsa improvvisa delle forze di sicurezza e la sorprendente liberazione dei prigionieri, è stato all’inizio preso dal panico di fronte alle bande di delinquenti che si sono rovesciate sulla città. Ma si è presto ripreso e organizzato per resistere e fare fronte all’attacco. Comitati di difesa civile sono nati spontaneamente ovunque prendendo posizione davanti ai palazzi, agli angoli delle strade, per difendersi, proteggere le famiglie e i beni, organizzare la circolazione e la raccolta dei rifiuti.
Questa assunzione di responsabilità da parte del popolo è veramente notevole e tutto accade in questo momento con una serenità, cortesia ed efficacia sorprendenti. In segno di gratitudine e riconoscenza, le donne del quartiere distribuiscono a tutti questi volontari dei pasti che preparano esse stesse con amore. Una di queste, volendo pagare al macellaio la carne che comprava a questo scopo, si è sentita rispondere: “Signora, come posso accettare del denaro per questo servizio che lei compie gratuitamente per questi giovani volontari?”. Avevo le lacrime agli occhi ascoltando questa signora che mi raccontava l’episodio.
Questa “onda anomala” di solidarietà a livello di base ha generato in tutti gli strati della società una fratellanza straordinaria che ha rivelato la bontà di fondo del popolo egiziano. La signora di cui parlavo mi diceva a questo proposito: “Questo è l’Egitto, questi sono gli egiziani! Non sono quelli rubano, svaligiano, saccheggiano, ma tutte queste persone semplici dal cuore d’oro che non aspirano che alla pace e alla fraternità”.
Auguriamoci che il nuovo regime ci aiuti a costruire, lontano da ogni lotta partigiana e confessionale, questa “unione nazionale” che a molti sembra pura utopia. Credo però che l’utopia di oggi possa divenire la realtà di domani se ci crediamo davvero e se, per costruirla, ci investiamo con tutto il nostro cuore, la nostra intelligenza e la nostra energia. Un segno profetico di questa armonia futura ci è stato dato questa mattina sulla grande piazza Tahrir del Cairo da una moltitudine di persone radunate che si davano la mano e scandivano, all’unisono: “Siamo tutti uno!”.
08/02/2011
24/02/2011