La rivincita della variante meridionale del 'Corridoio di mezzo'
Evitato fino a ieri nel traffico commerciale tra l'Oriente e l'Europa per i costi troppo alti, oggi l'itinerario Transcaspico con il blocco delle relazioni con la Russia per il conflitto ucraino è diventato la soluzone più praticabile. La Banca Mondiale stima che entro il 2030 vi transiteranno 11 milioni di tonnellate di merci. Ma sulla sua crescita molto dipenderà dalle scelte di Pechino.
Astana (AsiaNews) - I conflitti regionali esercitano sempre grande influenza sulle relazioni commerciali globali, costringendo molti Paesi e compagnie a cercare percorsi alternativi per non bloccare le dinamiche dell’economia. È questa la lezione imposta dagli avvenimenti iniziati nel 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ad aver mandato in frantumi tutti i legami commerciali, oltre a provocare reazioni di ostilità reciproca a vari livelli.
Il cosiddetto “Corridoio di mezzo”, lungo diverse migliaia di chilometri tra la Cina e l’Europa attraverso la Russia, è stato a lungo il principale canale commerciale tra i mondi d’oriente e occidente, con ferrovie, terminali di trasporto, porti e aeroporti. Ora tutto è stato messo in discussione. La maggior parte delle strutture logistiche sono state infatti realizzate confidando nella opzione più settentrionale, considerata stabile e meno onerosa, e le compagnie ferroviarie russe avevano assunto il ruolo principale nei collegamenti tra Cina ed Europa.
Ora si è costretti a cercare le possibili alternative a causa della guerra e delle sanzioni, e il transito tra Europa e Asia “diventa ogni giorno sempre più complicato e costoso”, come commenta Romana Vlagutin, collaboratrice della fondazione tedesca Marshall ed ex-rappresentante speciale della Ue per la cooperazione reciproca. Diventa sempre più importante il Corridoio più meridionale o “Transcaspico”, che prima veniva evitato il più possibile per i costi molto alti, i tempi lunghissimi di attesa alle frontiere e nei porti, e lo scarso sviluppo delle infrastrutture logistiche. Oggi, assicura Vlagutin, è diventato invece “il più breve e multifunzionale, considerando anche l’interesse dei Paesi dell’Asia centrale allo sviluppo di relazioni sempre più strette ed efficaci con l’Unione europea”.
Le statistiche parlano di un aumento dalle 350 mila tonnellate di carichi del 2020 ai 3,2 milioni di tonnellate già nel 2022, e i ricercatori della Banca mondiale si aspettano che entro il 2030 il volume degli scambi commerciali raggiunga gli 11 milioni di tonnellate, pur con tutti i limiti che ancora persistono nel tragitto che “aggira” la Russia. Secondo l’esperto georgiano Emil Avdaliani, professore di relazioni internazionali all’università di Tbilisi, “molto dipende da quanto pensa la Cina sull’efficacia di questo itinerario, perché senza i carichi cinesi non ci saranno sufficienti energie per allargarlo e migliorarne l’efficienza”.
L’Unione europea ha comunque cominciato a sostenere progetti infrastrutturali nei vari Paesi centrasiatici e nel Caucaso, mettendo a disposizione da gennaio 2024 circa 10 miliardi per la rete dei trasporti e aprendo rappresentanze speciali per queste iniziative in Georgia, Azerbaigian, Turchia e Kazakistan. Uno dei punti di riferimento iniziali è la città di Urumchi, capitale della provincia autonoma dello Xinjiang in Cina, che si sta trasformando progressivamente in uno dei principali hub della cinese Belt and Road Initiative. Urumchi è collegata con centri importanti come Xi’an, capoluogo della provincia cinese dello Shaanxi a 2.500 chilometri di distanza, e rivolta in direzione del Kazakistan, Paese affine anche per le comuni etnie turaniche e collegato con un’ampia rete di tratte ferroviarie, da cui appunto inizia il Corridoio di mezzo.
Dal Kazakistan orientale si giunge poi fino alla Georgia caucasica per due grandi direttrici, il Dostyk rivolto alla Russia e il Khorgos più meridionale, su cui si stanno concentrando i maggiori investimenti, chiamato il “porto secco” pur distendendosi a 2.500 chilometri di distanza dalle coste. I carichi cinesi vengono trasferiti sui treni kazachi con grandi argani, proseguendo verso sud attraverso Aktau e la città principale di Almaty, per giungere fino al mar Caspio, dove i trasporti si bloccano per settimane prima di proseguire attraverso la Georgia, verso la Turchia e il mar Nero. L’obiettivo è scendere a 12 giorni di viaggio, dai 19 attraverso la Russia e i 23-37 dell’Oceano Indiano. Ma per ora tocca ancora aspettare a lungo.
16/10/2020 12:12