La profonda crisi ambientale di Biškek
La carenza di pioggie sta accentuando i segnali d'allarme nelle principali città del Kirghizistan, già afflitte da pasenti livelli di inquinamento. L'aumento della popolazione urbana non è accompagnato da un adeguato sviluppo delle infrastrutture abitative, sanitarie, scolastiche.
Biškek (AsiaNews) - L’estate in Kirghizistan si è aperta con diversi segnali d’allarme per le condizioni ambientali, soprattutto nelle città principali e nella capitale Biškek. La cappa invernale di smog ha lasciato una situazione pesante, che si riversa oggi sulle grandi carenze idriche, comuni a tutta la regione centrasiatica, per la carenza di piogge dei mesi scorsi. A Biškek tutto questo si accumula sulle “vecchie ferite” delle infrastrutture abitative, sanitarie, scolastiche e altre che non riescono a far fronte alla crescita molto rapida della popolazione cittadina, e mancano del tutto le riserve per il futuro.
Le autorità cittadine per ora sembrano soltanto cercare affannosamente di “tappare i buchi”. Il deputato comunale Žanarbek Akaev ha dichiarato che “Biškek rischia di trasformarsi in un enorme villaggio di campagna”, e una situazione simile si sta creando anche a Oš, grande città occidentale, se il governo non riuscirà a destinare adeguati investimenti alle necessità dei centri urbani. L’economista Azamat Akeneev sottolinea che “la crescita della popolazione, soprattutto nella capitale, sta superando il ritmo del 2%, seguendo i ritmi tipici della nostra condizione sociale”.
Il Kirghizistan rimane un Paese fondamentalmente agricolo, dove comunque la maggior parte della popolazione vive in campagna, e si assiste a un movimento di migrazione verso i centri urbani molto più ritardato rispetto alla media delle altre nazioni. Se negli anni ’50 nelle città viveva circa un miliardo di persone a livello mondiale, oggi sono circa 4,5 miliardi, più della metà dell’intera popolazione. Le tendenze alla urbanizzazione portano ovunque numerosi scompensi. Come osserva Akeneev, questa crescita riguarda soprattutto le città principali, mentre le città piccole e medie non vedono crescite, spesso anzi sono in calo di abitanti.
La metropoli in genere dovrebbe offrire maggiori infrastrutture e possibilità di lavoro, oltre alla vasta rete di relazioni sociali. Tanto più che nei centri minori non c’è nemmeno il vantaggio della vita di campagna, il contatto con la natura e con un ambiente meno contaminato. Le due città principali del Kirghizistan concentrano su di sé tutte queste tensioni, e soprattutto la capitale sta andando verso la formazione di un agglomerato che raccoglie la maggior parte della popolazione del Paese.
L’economista sottolinea anche che “le risorse, già di per sé insufficienti, vengono distribuite in modo scorretto e inefficace”, per quanto riguarda asili, scuole e strade, che dovrebbero svilupparsi dove si aggregano masse più importanti di persone, non nei quartieri più esclusivi e già abbastanza serviti. Oppure costruendo piccole scuole nei piccoli centri, da cui gli abitanti tendono invece ad andarsene. Solo lo scorso anno si è cominciato a ragionare meglio sui flussi, ed è iniziata la costruzione di dieci scuole a Biškek, ma i deputati e i politici in generale difendono gli interessi delle loro regioni e zone d’origine e questo frena il quadro generale dello sviluppo infrastrutturale. Politicamente non è molto conveniente affermare che “bisogna investire prima di tutto nella capitale” o nel capoluogo di Oš.
Oltre alle strutture da destinare ai centri più popolosi, una priorità rimane la distribuzione delle risorse idriche, di cui il Kirghizistan ha riserve importanti, che rischiano però di esaurirsi. Non è un caso che la cessione all’Uzbekistan del bacino di Kempir-Abad abbia suscitato proteste tanto veementi, nonostante tutte le assicurazioni presidenziali sullo sfruttamento comune delle acque, e ancora languono in prigione diversi manifestanti, spesso rappresentanti di strati sociali tutt’altro che marginali o estremistici.
Gli economisti confidano nel progresso delle attività commerciali, legato proprio alla crescita metropolitana, che potrebbe creare possibilità di intervento privato che integri le lentezze della burocrazia. “Sono meccanismi naturali delle leggi di mercato”, insiste l’esperto, purché in Kirghizistan si riescano a contenere le spinte autoritarie, e garantire ai cittadini libertà di movimento e di impresa. “Molte persone radunate in uno spazio ristretto non sono ancora una città” – conclude Akeneev – bisogna dar loro la possibilità di mettere in campo le proprie capacità, e lo spirito d’iniziativa”.
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