La pace di Natale e la libertà religiosa
di Bernardo Cervellera
La nascita del Salvatore è il suggerimento al mondo di mettere al primo posto Dio e l’uomo, non la politica o gli affari o l’ideologia. Dove questo non avviene, brillano segnali di violenze e guerre. La proposta del papa per una nuova cultura della convivenza e per il rispetto della libertà religiosa.
Roma (AsiaNews) - “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”: il grido di esultanza degli angeli nella notte di Natale quest’anno stride con le notizie di cronaca e i segnali che registriamo qua e là nel pianeta.
Il canto di pace nella notte in cui nasce il Dio bambino sembra sommerso dalle provocazioni e dai venti di guerra e violenza che insanguinano il continente asiatico: l’instabilità e gli atti terroristi in Iraq (con il massacro di tanti cristiani) dicono che la pace e la sicurezza per quella terra, dopo anni dalla cacciata di Saddam Hussein, tardano ancora a venire. La tensione diffusa in Afghanistan e che incendia in parte anche il Pakistan non si spegne, pur con tutte le armi, gli aiuti, i dialoghi, le elezioni. Anche il dialogo di pace fra Israele e palestinesi, tanto caro a noi cristiani e voluto con tutto il cuore da Barack Obama, si sta lentamente trasformando nel suo contrario, con la diffusione sempre più violenta degli insediamenti israeliani nei territori occupati.
Ancora più ad est, per il possesso di un pugno di isolotti semideserti – forse pieni di petrolio nel fondo marino – la Cina si scontra con il Vietnam e con le Filippine, e più in là col Giappone.
Nel Mar Giallo la nuova leadership dittatoriale della Corea del Nord annuncia la sua presenza bombardando basi militari e civili innocenti in una prova di forza che ha fatto rischiare un conflitto mondiale.
Se guardiamo poi anche all’occidente, emerge una guerra per la sopravvivenza di Stati in bancarotta; una guerra delle valute fra Stati Uniti e Cina che impoverisce entrambi e condanna le due popolazioni a una difficile esistenza economica, col rischio di rivolte all’interno dei propri Paesi.
Il mondo rischia di corrompersi e distruggersi perché non ascolta i suggerimenti contenuti in quel canto di Natale. Esso dice: “pace in terra agli uomini che Egli ama”, quegli uomini che Dio ha tanto amato da gettare per noi sulla terra il suo bene più prezioso, suo Figlio. E invece le guerre sono sempre all’orizzonte perché invece del “primato dell’uomo”, si mette avanti “il primato della politica”, quello “dell’economia”, quello “dell’ideologia”: infine, quello “del potere” dove l’uomo si pretende Dio e arraffa, accumula, deruba, sottomette, incatena, uccide gli altri uomini.
Nella sua enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI ha mostrato con ampiezza che il mondo ha bisogno di una revisione dei pilastri su cui poggia la convivenza dei popoli, l’economia, l’ecologia, il lavoro, la cultura, facendo della verità e della dignità della persona umana le basi di un nuovo e più completo sviluppo, materiale e spirituale.
In particolare egli ha sottolineato che la soglia di questo nuovo inizio è il rispetto della libertà religiosa (n. 29). A questo diritto, punto di verifica di tutte le altre libertà, è dedicato il prossimo Messaggio per la Giornata della Pace 2011: “Libertà religiosa, via per la pace”. Non per nulla, proprio i Paesi elencati all’inizio, dove baluginano segnali di guerre e tensioni, sono anche luoghi dove l’uomo religioso è umiliato e dove la libertà di coscienza e di espressione è limitata con durezza.
Ma non si salva nemmeno l’occidente: qui, dove Dio viene preso in giro e si preferisce un materialismo soddisfatto e vuoto, emergono le tante nevrosi e frustrazioni, che rendono difficile la vita civile. “Una società del benessere – ha detto il papa nell’enciclica - materialmente sviluppata, ma opprimente per l'anima, non è di per sé orientata all'autentico sviluppo” (n. 76).
Lavorare per la libertà religiosa, ridando spazio nella società alla verità dell’uomo e a Dio, è la via della pace. Buon Natale.
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