La giunta militare respinge l’appello per la liberazione di Aung San Suu Kyi
La richiesta era stata avanzata il mese scorso dal legale della premio Nobel per la pace. Il 24 maggio scadono i termini dei domiciliari a suo carico. La campagna on-line per chiedere la liberazione della donna supera le 286mila firme.
Yangon (AsiaNews) – La giunta militare birmana nega il rilascio di Aung San Suu Kyi. A riferirlo è il sito Democratic Voice of Burma (Dvb), il quale conferma che l’appello presentato il 28 aprile scorso dal legale per ottenere la revoca dei domiciliari “è stato respinto”. Una analoga richiesta era stata inviata il 9 ottobre del 2008, sempre con esito negativo.
Kyi Win, legale della “Cara signora”, era consapevole che la domanda sarebbe stata respinta: “La ragione – commenta – è che l’hanno tenuta imprigionata per cinque anni; rilasciarla ora [il 24 maggio scade il provvedimento restrittivo a carico della donna] significava ammettere di aver sbagliato”.
Aung San Suu Kyi, leader della Nld, ha trascorso 13 degli ultimi 19 anni agli arresti domiciliari, nella sua casa di University Road a Yangon. La giunta militare ne ha disposto il fermo in seguito alla schiacciante vittoria del partito di opposizione alle elezioni del 1990, mai riconosciuto dalla dittatura. Il legale ha inviato una richiesta per poter incontrare l’assistita e comunicarle che l’appello è stato respinto.
Intanto ha raggiunto 286mila adesioni la campagna di raccolta firme on-line per chiedere la liberazione di Aung San Suu Kyi. Promossa da due associazioni con base in Thailandia – Assistance Association for Political Prisoners—Burma (Aapp) e Forum for Democracy in Burma – essa intende sensibilizzare la comunità internazionale sui diritti umani in Myanmar.
Ad oggi vi sono circa 2100 prigionieri politici rinchiusi nelle carceri del Paese. Tra questi anche 21 volontari, arrestati dalla giunta militare perché cercavano di assistere le vittime del ciclone Nargis. Il 2 maggio scorso si è celebrato il primo anniversario della strage, che ha causato più di 140mila vittime.
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