25/10/2021, 08.39
MYANMAR
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La giunta birmana rifiuta il rapporto dell'Onu sui diritti umani

I militari lo hanno definito un "incitamento alla violenza" nel Paese. Le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per i recenti spostamenti di truppe nel nord e nord-ovest del Myanmar dove si registrano gli scontri con le milizie etniche. Imposto il divieto di rilasciare dichiarazioni ai legali di Aung San Suu Kyi.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Una “istigazione alla violenza”. Così la giunta militara del Myanmar ha definito l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Paese. Il 22 ottobre l’Onu ha detto di temere che la situazione dei diritti umani possa peggiorare ulteriormente dopo che migliaia di truppe sono state trasferite nel nord e nord-ovest del Paese, dove continuano a verificarsi scontri con le milizie etniche. 

Secondo l’inviato speciale per il Myanmar Tom Andrews questa tattica ricorda quella utilizzata prima della repressione dei rohingya nel 2016-17. La giunta militare ieri ha accusato l’Onu di utilizzare i diritti umani “come uno strumento politico per intervenire negli affari interni del Myanmar”. Il rapporto "porterebbe solo a ulteriori divisioni interne e favorirebbe la violenza”, ha detto in una dichiarazione il ministero degli Esteri.

Dal colpo di Stato del primo febbraio il Paese è precipitato nel caos: i militari non sono riusciti a neutralizzare l’opposizione anti-golpe e le forze di difesa popolari continuano a combattere le truppe del Tatmadaw, l’esercito birmano.

Ieri la giunta militare ha anche detto che da febbraio 70 militari e 93 poliziotti sono stati uccisi, ma gli analisti sottolineano che l’esercito tende a minimizzare le proprie perdite. Secondo l’Assistance Association for Political Prisoners, i militari hanno ucciso invece quasi 1.200 civili e arrestato oltre 7mila persone.

Nelle ultime settimane è aumentata la pressione internazionale nei confronti della giunta: il generale Min Aung Hlaing è stato escluso da un vertice dell’Associazione della nazioni del sud-est asiatico (Asean) e non è chiaro se ci sarà un delegato non politico a rappresentare il Paese.

Nel frattempo l’ex leader Aung San Suu Kyi resta in prigione. Nei giorni scorsi la giunta ha imposto ai suoi legali di non parlare o rilasciare dichiarazioni a giornalisti, diplomatici o organizzazioni internazionali.

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