La corsa alle armi di Riyadh, minaccia per tutto il Medio oriente
Rapporto Sipri: tra il 1998 e il 2017 l’Arabia Saudita è il secondo maggior importatore al mondo di armi. In 10 anni la spesa è cresciuta del 74%, toccando fino al 10% del Pil. Stati Uniti e Regno Unito i principali fornitori. Le politiche dei governi occidentali allontanano pace e sicurezza nella regione.
Riyadh (AsiaNews) - La corsa agli armamenti lanciata negli ultimi anni da Riyadh - non solo in chiave difensiva o deterrente, ma in un’ottica di offesa nei vari scenari di guerra, dalla Siria allo Yemen - alimenta la tensione e i conflitti in Medio oriente. È quanto emerge da uno studio recente pubblicato dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) l’istituto internazionale indipendente che verifica la vendita e gli acquisti di armi nel mondo.
La mancanza di trasparenza dei sauditi, aggiungono gli esperti, rende difficile una valutazione complessiva dell’arsenale militare, la finalità difensiva o di offesa, la natura deterrente sul fronte interno. Tuttavia, è evidente che i suoi vertici non intendano solo accumulare armi, ma siano anche pronti a un loro uso su vasta scala e in un contesto bellico, come appare evidente nello Yemen.
In tutta l’area, molti governi hanno riservato grande importanza alla forza delle armi quale elemento cardine attorno al quale fondare la propria agenda in tema di politica estera. Il livello di “militarizzazione” è ai massimi della storia della regione e un dato su tutti lo dimostra: nel 2017, sette delle prime 10 nazioni al mondo per investimenti nel settore si trovano in Medio oriente.
In prima fila nella corsa agli armamenti vi è l’Arabia Saudita, che ha sborsato miliardi di dollari - soprattutto agli Stati Uniti dell’amministrazione Trump, con la quale ha intrecciato un legame a doppio filo più forte delle violazioni ai diritti umani - per rafforzare l’arsenale. In particolare, il conflitto nello Yemen alimentato dalle armi di Riyadh ha causato decine di migliaia di feriti e innescato una delle peggiori catastrofi umanitarie della storia recente.
Secondo gli esperti di Sipri, l’alto livello di militarizzazione nel regno wahhabita è confermato dall’enorme spesa militare. Secondo stime recenti, il Paese si piazza al primo posto nella regione e al terzo nel mondo per denaro investito in armi. Prendendo in esame il decennio 2008-17, la spesa è cresciuta del 74% e ha raggiunto quota 90,3 miliardi di dollari nel 2015, il massimo di sempre.
Lo scorso anno Riyadh ha investito in armi il 10% del Prodotto interno lordo (Pil), un dato ben superiore alle altre 15 nazioni che più hanno speso in armi e che si sono fermato al 4,2% del Pil. Nel 2017 la spesa militare pro-capite è stata superiore a qualsiasi altra nazione al mondo.
Nell’ultimo periodo, nel contesto del programma di riforme economiche e sociali Vision 2030 voluto dal principe ereditario Mohammed bin Salman, l’Arabia Saudita intende potenziale l’industria bellica nazionale. Tuttavia, al momento tecnologia e conoscenze sono ancora ridotte, ragion per cui Riyadh punta in larga maggioranza sull’importazione e a poco è valsa sinora la creazione di una compagnia locale, la Saudi Arabian Military Industries (Sami).
Secondo maggior importatore mondiale di armi fra il 1998 e il 2017, l’Arabia Saudita è la nazione con il più vasto arsenale della regione, ben più dell’Iran ritenuto da Stati Uniti e Israele la principale minaccia alla pace e alla stabilità dell’area. Dall’aviazione alla flotta navale, dalle armi strategiche ai missili i sauditi possono contare sugli accordi miliardari sottoscritti con Stati Uniti (61% del totale), Regno Unito (23%) e altri Paesi dell’Europa, fra cui Germania e Italia.
Un mercato che fa gola e che attira anche gli interessi di Cina e Russia, sebbene finora i due Paesi non siano riusciti a scardinare l’egemonia di Washington (dove, di recente, il Senato ha votato contro le politiche di Trump) e Londra. Lo studio elaborato dal Sipri conclude ricordando le conseguenze sul medio e lungo periodo di questa corsa agli armamenti nella regione mediorientale, sotto l’impulso fornito da Riyadh. E invita anche i governi dei Paesi esportati a “riesaminare” le loro politiche che allontanano pace e sicurezza in Medio oriente e nel mondo.
23/03/2018 08:54
25/07/2019 08:47