La corruzione nel Partito comunista “colpa delle imprese di Stato”
Pechino (AsiaNews) – La corruzione dilagante nel Partito comunista cinese “è colpa delle aziende statali, che usano i fondi pubblici per incastrare i quadri preposti alla loro sorveglianza”. È il succo di una serie di indagini condotte dalla potentissima Commissione centrale per l’ispezione e la disciplina del Pcc, che ieri ha pubblicato sul proprio sito internet il primo articolo relativo a questa nuova campagna. Lo scopo dichiarato è “spingere le imprese di proprietà dello Stato a seguire in maniera ferrea le politiche del governo”.
La Commissione ha visitato 26 aziende di Stato e sta compiendo ulteriori indagini su altre 17: “Alcuni dirigenti usano i fondi pubblici per creare gruppi di potere e cricche, con lo scopo di incastrare i quadri comunisti di alto livello”. Secondo Ma Changsheng, professore di legge all’Università dell’Hunan, lo schema prevede che gli imprenditori “usino tattiche diverse per addomesticare i funzionari comunisti, in modo che in un secondo momento servano gli interessi delle singole aziende”.
Il riferimento, aggiunge il prof. Xu Yaotong, “è al caso dell’ex potentissimo zar della sicurezza Zhou Yongkang, ora condannato all’ergastolo. Zhou ha lanciato la sua carriera grazie al suo incarico nella China National Petroleum Corporation, e ha continuato a usare quel gruppo per aiutarlo a scalare le vette del Partito”.
La campagna "contro le tigri e le mosche" della corruzione in Cina è stata lanciata dal presidente Xi Jinping subito dopo la sua presa di potere nel novembre 2012. Essa mira a punire i funzionari comunisti di qualunque grado, colpevoli di intascare denaro pubblico o tenere uno stile di vita esagerato. Il grande analista politico e dissidente Bao Tong ha però contestato la vera natura di questa campagna, che nasconderebbe solo una resa dei conti interna al Partito.