La carità, centro focale della missione della Chiesa in Asia e nel mondo
di card. Oswald Gracias
In occasione dell’incontro della Conferenza episcopale indiana sull’enciclica Deus Caritas Est, il card. Oswald Gracias sottolinea ad AsiaNews l’importanza dell’opera caritativa della Chiesa, che “non deve temere la persecuzione ma anzi deve essere riaffermata con vigore sempre crescente”.
Jamshedpur (AsiaNews) – La Chiesa indiana “non deve temere le accuse di proselitismo”, ma anzi “deve rafforzare la sua testimonianza ed il suo impegno a favore della carità, motore dei cristiani”. Lo afferma in una riflessione inviata ad AsiaNews il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale indiana, riunita in questi giorni a Jamshedpur.
Alla riunione, convocata per discutere dell’enciclica Deus Caritas Est, è presente anche il card. Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio consiglio “Cor Unum”, che ha parlato dell’importanza della carità e del messaggio rivolto dal Papa al mondo intero. Riportiamo di seguito il testo della riflessione del card. Gracias.
Il card. Cordes ha parlato della missione della Chiesa alla luce dell’enciclica Deus Caritas Est, con una speciale enfasi sull’approfondimento del legame cristiano della carità. Sua Eminenza non ha fatto alcun riferimento specifico alla persecuzione. E’ fondamentale capire che la carità è una vocazione della Chiesa e che la persecuzione non intacca in alcun modo la missione cristiana. Questa è la chiamata di Cristo, la carità come vocazione, che rimane anche in tempo di persecuzione. La carità viene fatta in primo luogo per permettere alle persone di vivere con la dignità con cui sono state create.
Negli ultimi anni, la carità è stata spesso percepita in maniera negativa: questo zelo della Chiesa nel servire i più poveri fra i poveri, gli emarginati e coloro che vivono al di fuori della società è stato considerato un’anticamera alla conversione. Questo è nel contempo tragico e triste, perché per secoli la Chiesa indiana ha servito i poveri e gli emarginati delle parti più remote del Paese, tramite servizi educativi e sanitari, senza alcuna considerazione di casta o credo. Oggi questa stessa “caritas” è il cuore della Chiesa, ma viene dipinta come “un’esca”. Persino il censimento del governo ha provato che la percentuale di cristiani in India è scesa, ma queste false accuse continuano ad essere montate contro di noi. Eppure la missione della Chiesa è superiore ad ogni cosa: continueremo il nostro operato di carità, come dicono le parole di S. Paolo ‘Caritas Christi Urget Nos’.
Noi non vogliamo nulla in cambio. Cerchiamo soltanto di servire i sofferenti: la Chiesa non deve aver paura di non essere capita o di essere mal presentata. Dobbiamo portare avanti tutto con cuore, e spiegare chiaramente, senza paura, il nostro zelo e la nostra missione. I nostri ospedali, orfanotrofi, scuole e centri per i servizi sociali sono stati creati per illuminare la mente dei giovani e per portare aiuto a chi ne ha bisogno.
La nostra missione è molto chiara: la faccia sofferente del povero è la faccia sofferente di Cristo. Nel dolore, noi vediamo riflesse le sofferenze del nostro Signore crocifisso, che ci ricorda che alla fine saremo giudicati sulla compassione e sulla carità che abbiamo mostrato. La Chiesa non può essere un idolo muto davanti ai complessi problemi sociali dei nostri giorni.
E’ una ferma convinzione: Cristo è presente nel povero e rivela nelle loro sofferenze la Sua passione, che può essere tracciata in una linea ininterrotta dagli apostoli ad oggi. L’India è divenuta una potenza economica, ma nel mezzo di questo straordinario boom economico troppi nostri fratelli e sorelle vivono in povertà. Questa crescita ha beneficiato soltanto una piccola percentuale della nostra popolazione, che era già da prima influente, e non ha coinvolto i poveri. Cresce infatti il disavanzo sociale, e questo è un fattore che disturba: gli effetti dell’economia indiana dovrebbero giungere sino alle classi medio-basse della nostra popolazione. Siamo sconvolti e scandalizzati dalle dimensioni della povertà globale. Nel 1998, con un consumo totale di beni pari a 24 milioni di miliardi di dollari (il doppio rispetto al 1975), vi erano 4,4 miliardi di persone senza accesso a beni e servizi primari. In questo contesto di sviluppo, la Chiesa indiana deve rinnovare il proprio impegno per la giustizia e la pace proprio tramite la carità: questo non può essere ignorato o scusato, e tutti i cristiani devono rispondere a queste opere; non è questione soltanto di buona volontà o carisma personale di pochi. L’amore per Cristo si esprime nella solidarietà e nella difesa di coloro che subiscono ingiustizie.
Davanti alle sofferenze umane, dunque, la Chiesa deve offrire conforto fisico, cura, sostegno emotivo e guida spirituale per coloro che sono più amati da Dio. La Chiesa in India deve rafforzare la sua consapevolezza per permettere di capire quali siano le sue missioni, e deve affermare con forza la sua opzione preferenziale per i poveri. L’amore ed il servizio fanno parte da sempre del nostro ethos.
La storia della Chiesa rivela infatti una lunga tradizione di difesa per chi vive ai margini, di sostegno per le attività caritative e di promozione della giustizia. Molti ordini religiosi sono stati fondati sui principi di condivisione dei beni con i poveri e sul riconoscimento della dignità essenziale degli esseri umani, senza alcuna discriminazione di status economico o sociale. La Chiesa asiatica dovrebbe festeggiare il suo servizio caritatevole. Il cuore asiatico è generoso, e questo continente ha sempre aiutato e servito i poveri.
La nostra Chiesa è chiamata a comunicare prima di tutto il lavoro della carità, che avvantaggia i popoli ed i governi, ed a portare avanti la propria missione. Lasciateci pregare per avere la forza ed il coraggio di affrontare la sfida pastorale che abbiamo davanti: in tutte le cose, la carità.
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