La caduta della monarchia indù libera i cattolici alla missione
Kathmandu (AsiaNews) – I cattolici del Nepal non ritengono più valide le imposizioni della monarchia ai gesuiti, ora che il Paese è uno Stato secolare e il re ha perso il suo potere. Il vescovo del Nepal parla ad AsiaNews della situazione e delle iniziative della Chiesa.
L’accordo risale al 1951 quando, su invito di re Tribhuwan, la Società di Gesù fondò la scuola San Francesco Saverio a Kathmandu, dopo quasi due secoli di bando anticristiano. Ma il re permise solo l’opera di istruzione, con divieto di qualsiasi attività missionaria e di evangelizzazione. Divieto sempre rispettato dai Gesuiti, che a partire dal 1984 hanno fondato altre scuole nel Paese. Ma ora il Nepal non è più una monarchia indù e i decreti reali non sono più legge, per cui i cattolici sono liberi di svolgere ogni attività.
Mons. Anthony Sharma, dal 2007 primo vescovo del Nepal, dice ad AsiaNews che per anni “non ci è stato permesso di svolgere attività fuori dalla valle [di Kathmandu]”. “Ma ora la situazione è diversa e il re non può fermare le nostre attività. Noi preghiamo con le azioni, più che con la bocca. La gente si unisce a noi vedendo quello che facciamo”.
Nato a Kathmandu nel 1937, primo sacerdote gesuita nepalese dal 1968, il prelato ricorda le recenti persecuzioni. Come quando a Biratnagar (Nepal orientale) nel 1986 la polizia segreta lo ha arrestato durante la Messa di Pasqua con l’accusa di avere pregato insieme a non cattolici. Alla funzione erano presenti i parenti non battezzati di alcuni cattolici e ci vollero ore per chiarire l’equivoco. Negli anni ’70 e ’80 ci sono stati continui arresti e condanne anche ad anni di carcere contro chi si è convertito al cristianesimo o è stato soltanto sorpreso a leggere la Bibbia.
Mons. Sharma, comunque, ribadisce che “è solo Dio che invita a entrare a lavorare nel Suo campo e ognuno è libero di rispondere alla grazia di Dio. E’ lui che fa tutto, non noi”. Ricorda che, durante un incontro in Francia cui ha partecipato, molti leader cattolici provenienti da varie parti del mondo hanno chiesto al Vaticano di “pubblicare un codice di condotta per guidarci nelle azioni e comportamenti finalizzati alla conversione", così da non incorrere nelle accuse di proselitismo.