La Russia vista dalla Cina: un ‘supermercato’ delle materie prime dove non investire
Risultato dell’aggressione putiniana all’Ucraina. I cinesi comprano petrolio e gas a prezzi scontati. Azzerati gli investimenti nel quadro della Belt and Road. In difficoltà economica, Pechino non vuole incorrere nelle sanzioni secondarie dell’Occidente. No ad armi e munizioni a Mosca.
Pechino (AsiaNews) – Un supermercato delle materie prime dove non investire. È come la Cina vede la Russia post-aggressione all’Ucraina: i cinesi aiutano il Cremlino, ben attenti però a fare i propri interessi, che non coincidono molto con quelli di Mosca, malgrado dichiarazioni congiunte di amicizia “senza limiti” in chiave anti-occidentale.
La Cina ha aumentato gli acquisti di gas, petrolio e carbone dalla Russia a prezzi scontati. Per aggirare le sanzioni occidentali, Pechino fa sempre più ricorso alla propria moneta per pagare le forniture russe. Il 3 ottobre alla Borsa di Mosca lo yuan è diventata la valuta più scambiata con il rublo, superando il dollaro.
Certo non una sfida al sistema finanziario mondiale basato sul dollaro, una delle poste in palio nel conflitto di potenza tra Cina e Stati Uniti. Secondo il sistema di pagamenti internazionali SWIFT, con una quota del 2,3% in agosto lo yuan ha mantenuto la quinta posizione nelle transazioni globali. Simile è il livello come moneta di riserva (2,9%), a quanto riporta il Fondo monetario internazionale.
Si tratta di valori ben lontani da quelli del dollaro, mai così forte da decenni. L’alta inflazione, favorita dall’aumento dei prezzi energetici e dal caos geopolitico creato da Vladimir Putin, spingono i grandi investitori a rifugiarsi nella valuta Usa.
Nei primi otto mesi del 2022, su base annuale il commercio bilaterale sino-russo è cresciuto del 31,4%, per un valore di 118,6 miliardi di euro. L’aumento non compensa la perdita del mercato europeo per il Cremlino. Nel 2021 gli scambi commerciali tra Russia e Unione europea hanno raggiunto i 257,5 miliardi di euro (quasi 149 miliardi di dollari quelli tra russi e cinesi).
Mentre più di 1.200 imprese occidentali hanno abbandonato la Russia o limitato le proprie attività, almeno 41 compagnie cinesi sono rimaste nel Paese, riporta Investment Monitor. Alcune banche cinesi, come la Commercial Bank of China, hanno dovuto chiudere però le attività in territorio russo, dato che Mosca è tagliata fuori dal sistema bancario mondiale.
I cinesi si riforniscono di materie prime russe, ma non sostengono Putin con investimenti e crediti. I fondi cinesi diretti in Russia sotto la bandiera della Belt and Road si sono ridotti a zero quest’anno: tra il 2013, anno in cui Xi Jinping ha lanciato le “nuove Vie della seta”, e dicembre 2021 avevano superato i 17 miliardi di euro.
Al presidente cinese non piace l’avventurismo bellico di Putin. Pechino assicura un tiepido sostegno politico alla guerra del Cremlino senza voler dare troppo nell’occhio: i cinesi temono di incorrere nelle sanzioni secondarie dell’Occidente, che danneggerebbero la loro economia, già in difficoltà.
La cautela cinese è ben evidente sul piano militare. I russi hanno problemi di munizionamento e non sembrano ricevere rifornimenti dalla Cina, come sottolineato più volte da Washington. Per ovviare, i militari russi fanno ricorso a droni iraniani e munizioni nordcoreane, oltre a essere costretti a impiegare vecchi sistemi di difesa missilistica e area S-300 per operazioni offensive.
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