La Russia preme per fermare l’intervento in Siria, ma ha come unica arma la diplomazia
Mosca (AsiaNews) - Alla Russia non resta che aspettare. Così titola uno dei più prestigiosi quotidiani del Paese, Kommersant, riassumendo gli ultimi sviluppi del pressing diplomatico del Cremlino su Europa e Stati Uniti, per evitare il sempre più realistico intervento militare contro il regime siriano. Usa, Francia e Gran Bretagna sono convinte che a usare armi chimiche a Ghouta (periferia di Damasco), il 21 agosto, siano state le forze governative e come giusta risposta invocano un attacco Nato, anche senza mandato del Consiglio di Sicurezza. Mosca ha condannato tale iniziativa come "violazione del diritto internazionale", ha messo in guardia dalle "conseguenze gravissime" per tutta la regione, ma non può far altro che invitare i partner occidentali alla cautela, in attesa dei risultati dell'indagine degli esperti Onu sull'uso di armi chimiche in Siria.
Il presidente Vladimir Putin ha ribadito al premier britannico, David Cameron, che "non ci sono prove" della responsabilità delle forze di Bashar al-Assad nell'attacco chimico. Il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, in una conferenza convocata d'urgenza il 26 agosto, ha denunciato che "l'Occidente ha già deciso". Allo stesso tempo, ha avvertito di non farsi illusioni: "Bombardare le infrastrutture militari, lasciando il campo di combattimento per la vittoria degli oppositori al regime, non risolverà la situazione". Anche se questa vittoria ci sarà, la guerra civile continuerà", ha detto il capo della diplomazia russa, ricordando gli esempi di Libia e Iraq.
Lavrov ha anche criticato gli Usa, raccontando che il segretario di Stato, John Kerry, non è riuscito a spiegare a Mosca quali sia la loro strategia sulla Siria. Allo stesso tempo, ha garantito che Washington continua a rimanere intenzionata a portare l'opposizione siriana al tavolo della più volte rinviata Conferenza internazionale di pace. Che a questo punto sarà "impossibile" tenere a settembre, come pensato in un primo momento, ha ammesso il ministro russo, convinto che l'"isteria" intorno alle armi chimiche sia montata da chi vuol far deragliare la soluzione politica alla crisi. Non appare incoraggiante il segnale che arriva dagli Usa, i quali hanno rinviato in extremis l'incontro previsto per il 28 agosto, all'Aja, con i delegati russi per rilanciare proprio Ginevra 2.
Al di là dei toni accesi, il Cremlino - che con la Cina ha bloccato tutte le risoluzioni contro Assad al Palazzo di Vetro - può poco per far desistere la coalizione dall'opzione militare. I rapporti sempre più tesi con la Casa Bianca, notano gli analisti, privano Mosca di qualsiasi arma di pressione efficace. E la Federazione non ha alcun interesse a farsi trascinare in un conflitto internazionale. Come ha detto lo stesso Lavrov, la Russia "non andrà in guerra con nessuno".
"E' difficile immaginare che la Russia interferirà direttamente in caso d'intervento - ha detto a Interfax l'esperto di politica Serghei Karaganov, a capo di un gruppo di lavoro del Consiglio presidenziale per i diritti umani. - Dubito fortemente che sia utile o possibile fornire l'hardware necessario, in una tale situazione, e lì sono già stati accumulati armamenti sufficienti".
Alexei Makarkin, vice presidente del Centro per le tecnologie politiche, è convinto che in caso di attacco esterrno, Mosca reagirà nei confronti degli Usa, ma solo con misure non militari. Parlando al The Moscow Times, l'analista ha sottolineato che, proprio per via delle cattive relazioni bilaterali tra Cremlino e Casa Bianca, Putin non ha modo di influenzare la decisone di Barack Obama. Della stessa opinione Evgheny Satanovsky, a capo del think tank Istituto per il Medio Oriente: "Tra i due Paesi non ci sono forti legami economici, gli Usa non dipendono in alcun modo dalla Russia e viceversa". "La visita di Obama al G20 di San Pietroburgo (5-6 settembre) sarà completamente rovinata, se prima di allora vi sarà un intervento militare - ha avvertito l'esperto - ma il massimo che Mosca può fare è cancellare il faccia a faccia col presidente Usa o ridurre in generale i suoi legami con gli Stati Uniti". Peraltro già ai minimi storici.
Anche i tentativi della Casa Bianca di portare la Russia ad abbandonare Assad continueranno a rimanere vani. Gli analisti Usa ricordano gli interessi strategici in ballo, rappresentanti dalla base navale russa a Tartus, la quale permette di controbilanciare la flotta navale americana nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Il giornalista Robert Fisk, inoltre, ha fatto notare che basta guardare una cartina geografica, per capire le preoccupazioni di Putin: la Siria è vicina alla Cecenia, la repubblica caucasica, che ha già vissuto una rivolta islamica anti-russa. Il caos in Siria potrebbe portare a nuova instabilità in quella regione mai pacificata del tutto e da dove si ritiene che molti siano già partiti per arruolarsi nell'opposizione siriana.