La Russia ora dice che "è necessario" un dialogo per porre fine al conflitto siriano
Beirut (AsiaNews) - La "necessità di aprire un dialogo" per porre fine al conflitto in Siria "diviene sempre più evidente". La dichiarazione fatta quest'oggi dal ministro degli esteri russo Segei Lavorov potrebbe aprire uno spiraglio nella sanguinosa guerra civile che va avanti da due anni. La dichiarazione di Lavrov è giunta dopo un incontro con il segretario generale della Lega araba Nabil al-Arabi e rappresenta un passo potenzialmente importante da parte del più importante alleato del regime di Bashar al-Assad. A frenare possibili ottimismi, il fatto che non si sa se dietro alle affermazioni di Lavrov c'è un cambiamento rispetto all'atteggiamento finora tenuto dalla Russia, di sostegno alla posizione del presidente siriano, che rifiuta la condizione posta dal fronte delle opposizioni, disposte a dialogare purché egli abbandoni il potere.
Ancora sul fronte diplomatico, da registrare una presa di posizione del primo ministro del Qatar, uno dei principali sostenitori del fronte della ribellione, che ha contestato la decisione dell'Unione europea di prolungare di tre mesi l'embargo alle armi verso la Siria. Una decisione per la quale Jassim Al Thani si è detto "stupito", "I ribelli - ha aggiunto - vogliono solo difendersi. In questo momento la decisione è sbagliata, servirà solo a prolungare la guerra".
A spingere invece alla ricerca del dialogo per porre fine al conflitto c'è una situazione umanitaria che ancora ieri l'Onu ha definito "una tragedia che si svolge davanti ai nostri occhi". In tal senso si è espressa Valerie Amos, responsabile delle Nazioni Unite per le emergenze e gli interventi di soccorso. In un briefing, la Amos ha detto che alla fine dell'anno scorso era quattro milioni i siriani ad aver bisogno di aiuto, ma che la situazione è ulteriormente peggiorata a causa di bombardamenti, inflazione, mancanza di cibo e medicine.
Un quadro che si aggiunge a quanto reso noto dalla Organizzazione mondiale della sanità, che nella settentrionale provincia di Deir az-Zor, in mano ai ribelli, si sono registrati 2.500 casi di febbri tifoidi. A provocarle l'acqua inquinata dell'Eufrate, che la gente è costretta a bere in quanto la mancanza di energia impedisce il funzionamento delle pompe che prelevano acqua da fonti sicure.
Ancora dall'interno del Paese, è vista come una significativa azione dimostrativa il lancio di ieri di due o tre colpi di mortaio nell'area del palazzo presidenziale di Tishreen. Anche se sembrano non aver provocato danni a persone o cose, le esplosioni all'interno dell'area vogliono dire agli esponenti del regime che per loro nessun luogo è sicuro. (PD)