La Corte suprema indiana sospende l'uscita di un (altro) film contro i musulmani
Diverse organizzazioni islamiche avevano chiesto un intervento dicendo che “Hamare Baarah” dipinge la comunità in “maniera provocatoria e offensiva”. Nuovo caso dopo "Kerala Story", il film su tre donne indiane che si uniscono allo Stato islamico che aveva provocato lo scorso anno scontri ed episodi violenti.
New Delhi (AsiaNews) - L’imminente uscita di un nuovo film sta ancora una volta creando dibattito in India. Questa mattina la Corte suprema indiana ha sospeso l’uscita di un film intitolato “Hamare Baarah” almeno fino a che l’Alta Corte di Bombay non si sarà pronunciata su una petizione che ne contesta l'uscita, prevista per domani. Il massimo tribunale indiano ha ritenuto che i contenuti diffusi finora dal trailer siano offensivi e discriminatori nei confronti della comunità musulmana al punto che potrebbero giustificare un divieto di proiezione della pellicola.
Una prima istanza presentata all’Alta Corte (che aveva già autorizzato, in realtà, l’uscita del film) fa riferimento all’articolo 19 della Costituzione indiana relativo alle ragionevoli restrizioni nell'interesse della sicurezza e della sovranità, e l'articolo 25, relativo alla libertà di professare la propria religione.
La petizione proseguiva chiedendo un intervento del Central Board of Film Certification, ma il comitato aveva risposto dicendo che tutte le scene e i dialoghi controversi erano stati cancellati e che alcuni video che circolavano online non facevano parte del trailer ufficiale.
L’Alta Corte di Bombay aveva però ritenuto necessaria la creazione di un diverso comitato di revisione e aveva posticipato l’uscita del film al 14 giugno. Ma siccome il comitato di revisione aveva affermato che ci sarebbe voluto troppo tempo per presentare un rapporto dettagliato, il tribunale di Mumbai in un secondo momento ha autorizzato il rilascio della pellicola.
L’avvocata Fauzia Shakil ha quindi adito la Corte suprema dicendo che in questa questione il Central Board of Film Certification non svolge un ruolo imparziale perché diverse scene offensive non erano state rimosse dal trailer. La Corte suprema, oltre ad aver sospeso l’uscita del film, ha ordinato all’Alta Corte di Bombay di decidere al più presto in merito al caso.
La sentenza arriva dopo che il governo del Karnataka aveva già posticipato il rilascio della pellicola perché avrebbe potuto causare “rivolte settarie”. Diverse organizzazioni musulmane avevano chiesto un intervento dicendo che “Hamare Baarah” dipinge la comunità in “maniera provocatoria e offensiva”.
Non è la prima volta che emergono casi del genere in India, al contrario: per fare solo un esempio, l’anno scorso “Kerala Story”, che raccontava le vicende di tre donne indiane che si uniscono allo Stato islamico, aveva provocato scontri ed episodi violenti di discriminazione verso i musulmani.
Il Bharatiya Janata Party (BJP), il partito ultranazionalista indù da cui proviene il primo ministro Narendra Modi, da poco rieletto per un terzo mandato, negli ultimi 10 anni ha apertamente promosso la propaganda contro la comunità islamica, approvando anche una serie di leggi discriminatorie, come, per esempio, quella sulla cittadinanza a coloro che provengono dai Paesi a maggioranza musulmana della regione, ma appartengono ad altre fedi religiose.
I risultati delle ultime elezioni, però, hanno ridotto l’influenza del BJP, costretto a governare con due alleati di coalizione meno interessati alla propaganda induista, il Janata Dal (United) e il Telugu Desam Party. Negli ultimi giorni i leader di entrambi i partiti hanno affermato che l’attuazione del codice civile uniforme, uno dei cavalli di battaglia del BJP, non sarà una decisione presa in maniera unilaterale.
Si tratta di un insieme di leggi che regolano il matrimonio, il divorzio, la successione e l'adozione per tutti i cittadini, materie che al momento vengono gestite in maniera diversa dai vari gruppi religiosi e tribali in base alla propria fede. Diversi esperti legali hanno affermato che il codice rischia di annullare le pratiche di diritto personale delle comunità minoritarie.