La Cina apre 24 stazioni di polizia nei monasteri tibetani di Labrang
Dharamsala (AsiaNews/Agenzie) - Per intensificare ancora di più la sorveglianza e il controllo sui monasteri buddisti tibetani, il governo cinese ha deciso di aprire 24 stazioni di polizia all'interno dei luoghi di culto di Labrang, nella provincia del Gansu. Un documento ufficiale definisce la decisione "una parte della recente attenzione dedicata alla politicizzazione dei monasteri" dell'area, dove decine di tibetani si sono auto-immolati dal 2009 per protestare contro le ingerenze cinesi in Tibet.
Per il gruppo International Campaign for Tibet, la mossa "fa parte delle politiche del governo cinese, che prevedono di mettere quasi tutti i monasteri della regione sotto il diretto controllo dell'esecutivo, intensificando al contempo la presenza del Partito nelle aree rurali e urbane del Tibet".
Secondo un comunicato del gruppo, con base a Washington, "dopo le proteste che hanno scosso il Tibet nel 2008 il governo cinese ha adottato una strategia mirata: aumentare la presenza del Partito come risposta all'instabilità. Questa strategia ha prodotto un approccio ancora più pervasivo e sistematico alla cosiddetta 'educazione patriottica', alla 'gestione' e alla 'messa in sicurezza' dei monasteri. Inoltre, ha fatto impennare il lavoro dei funzionari governativi in tutta l'area".
Il governo cinese, scrive il giornale tibetano Phayul, "sta cercando di rimpiazzare la fedeltà dei tibetani al Dalai Lama con la fedeltà al sistema Stato-Partito cinese. In questo modo, cercano di minare l'identità nazionale tibetana sin dalle sue radici".
Parlando di questa politica, il segretario del Partito comunista della Regione autonoma tibetana Chen Quanguo ha dichiarato che i funzionari che vivono nei monasteri "devono assicurarsi che monaci e monache divengano una forza importante innamorata della loro patria e della loro religione. Per farlo, devono osservare i regolamenti, ubbidire alle leggi, salvaguardare la stabilità e costruire l'armonia".