04/01/2022, 10.35
RUSSIA
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La Chiesa russa si prende l’Africa

di Vladimir Rozanskij

Creato il nuovo Esarcato africano del patriarcato russo, diviso nelle due diocesi dell’Africa settentrionale e meridionale. Il clero russo-africano sarà sottomesso al vescovo di Erevan (Armenia) Leonid. “Valzer di poltrone” nelle sedi patriarcali.

Mosca (AsiaNews) – Nel suo Sinodo di fine 2021 il Patriarcato di Mosca ha accolto dalla Chiesa russa 102 sacerdoti che finora prestavano servizio in otto paesi africani per conto del Patriarcato greco di Alessandria; questi religiosi non hanno accettato il riconoscimento della Chiesa autocefala ucraina, che aveva portato nel dicembre 2019 alla rottura delle relazioni ecclesiastiche tra Mosca e Alessandria d’Egitto. Il comunicato sinodale motiva la decisione per “la constatazione dell’impossibilità di rifiutare ulteriormente la richiesta di questi chierici alessandrini”. È stato così creato il nuovo Esarcato africano del patriarcato russo, diviso nelle due diocesi dell’Africa settentrionale e meridionale.

Il Sinodo patriarcale aveva già preso in esame la questione lo scorso settembre. Il dibattito è sorto dalla concelebrazione del patriarca di Alessandria Theodoros II (Choreutakis) con il metropolita autocefalo di Kiev Epifanyj (Dumenko), avvenuta il 13 agosto sull’isola turca di Imbros e duramente condannata dalla Chiesa russa.

L’Ortodossia russa si è così estesa anche a Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Gibuti, Somalia, Ciad, Camerun, Nigeria, Libia, Centrafrica e Seychelles. Il clero russo-africano sarà gerarchicamente sottomesso al vescovo russo di Erevan in Armenia, Leonid (Gorbačev). Egli è stato elevato alla dignità di metropolita titolare di Klinsk in Bielorussia, unendo nella sua persona tutte le latitudini del “mondo russo”.

Secondo i dittici liturgici dell’Ortodossia, il patriarcato di Alessandria è il secondo per dignità nella lista delle 14 Chiese riconosciute storicamente nella comunione universale. Il patriarca Theodoros II era considerato in realtà uno dei più vicini al confratello moscovita Kirill (Gundjaev), avendo studiato in gioventù all’università sovietica di Odessa in Ucraina, dove ha presieduto la filiale locale della Chiesa alessandrina dal 1985 fino quasi al 2000, e sembrava essere uno dei più convinti sostenitori dell’Esarcato ucraino fedele a Mosca.

Nel 2018 si era recato in visita alla sua vecchia chiesa di Odessa e aveva promesso di difendere i “moscoviti” anche di fronte agli altri ortodossi, salvo poi allinearsi alle posizioni del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo (Archontonis).

Come accaduto anche negli anni precedenti del patriarcato di Kirill, il Sinodo di fine anno è stata l’occasione per prendere le decisioni più traumatiche ed effettuare molti cambiamenti nelle sedi patriarcali: un “valzer delle poltrone” tipico del carattere impetuoso dell’attuale capo degli ortodossi russi. Sono stati così sostituiti diversi superiori di monasteri, allontanando quelli più riottosi e arroccati su posizioni di contestazione alle norme sanitarie di questi anni di pandemia.

Ne ha fatto le spese anche uno dei più prestigiosi, il vescovo Leonid (Tolmačev), igumeno del grande monastero di Optina Pustyn, la sede storica degli startsy (padri spirituali) ottocenteschi, che è stato sostituito dal più fedele Iosif (Korolev), finora vescovo di Možajsk nella Russia meridionale. È stato messo a riposo anche Feofilakt (Moiseev), il vescovo di Mytiši nella periferia di Mosca, che aveva suscitato scandalo per un video che lo ritraeva mentre picchiava con tutta la forza un sacerdote concelebrante durante una liturgia.

Il Sinodo ha anche festeggiato il patriarca Kirill per i suoi 75 anni compiuti lo scorso 20 novembre, per il quale aveva ricevuto le congratulazioni del presidente Putin e di tutta la classe dirigente politica del paese. I vescovi hanno voluto sottolineare la loro devozione al sommo gerarca di Mosca con il dono di una nuova tiara, il “koukolion” bizantino che in russo suona simpaticamente come “bambolo del patriarca”: solo a Mosca si porta di colore bianco per sottolineare le antiche pretese di “papa dell’Ortodossia” dei tempi zaristi. Il nuovo copricapo, in effetti, è molto simile a quelli dei primi tempi del patriarcato di Mosca nel XVII secolo, quando il predecessore di Kirill, il riformatore Nikon (Minin) aveva cercato di elevare Mosca a centro dell’Ortodossia mondiale, provocando quindi l’abolizione del Patriarcato da parte di Pietro il Grande.

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