14/12/2007, 00.00
VATICANO
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La Chiesa ha il dovere di evangelizzare, che è anche suo diritto irrinunciabile

di Franco Pisano
Un documento della Congregazione per la dottrina della fede nega valore sia alle teorie relativistiche che affermano la non necessità dell’annuncio di Cristo, sia a quelle che esaltano una pretesa uguaglianza di tutte le fedi per condurre alla salvezza. Il rapporto tra mandato missionario, dialogo, rispetto della coscienza e libertà di religione ha implicazioni ecumeniche: il rispetto verso i cristiani non cattolici non nega la possibilità di conversione, che non è proselitismo.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La Chiesa cattolica, così come ogni cristiano, ha il dovere ed anche il “diritto irrinunciabile” di evangelizzare, di annunciare cioè la Buona Novella e l’incontro con la persona di Gesù. Al conseguente rapporto tra mandato missionario, rispetto della coscienza e libertà di religione è dedicata la “Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione”, resa pubblica oggi dalla Congregazione per la dottrina della fede. In essa si nega valore sia alle teorie relativistiche che affermano la non necessità dell’annuncio di Cristo – basta invitare le persone ad agire secondo coscienza - sia a quelle che esaltano una pretesa uguaglianza di tutte le fedi per condurre alla salvezza. Per la Nota, invece, nel rapporto con altre fedi il diritto di evangelizzare si concretizza nel dialogo e nella testimonianza, nel rispetto della libertà di religione. Quest’ultima rifiuta il proselitismo, ossia la conversione attraverso forzature o inganni, ma esige di riconoscere la libertà di adesione alla Chiesa cattolica, anche da parte di cristiani di altre confessioni.
 
Approvata espressamente da Benedetto XVI e con la significativa data della festa di San Francesco Saverio, patrono delle missioni, la Nota appare in primo luogo destinata a chiarire alcune questioni dottrinali ed a ribadire la necessità dell’annuncio di Gesù, collegandosi quindi in modo particolare alla Dominus Jesus, la dichiarazione della stessa Congregazione che nel 2000 aveva ribadito che Cristo è l’unico salvatore, anche se Dio può donare la grazia a chiunque, “per vie a Lui note”.
 
Il documento parte dalla necessità di eliminare la “crescente confusione” sulla missione stessa. Da un lato infatti ci sono coloro che giudicano “ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose” come “un limite posto alla libertà” e ritengono quindi sufficiente “invitare le persone ad agire secondo coscienza”, “aiutare gli uomini ad essere più uomini o più fedeli alla propria religione”, dall’altro lato ci sono coloro che ritengono possibile la salvezza senza che sia necessaria “una conoscenza esplicita di Cristo e senza una incorporazione formale alla Chiesa”. (n. 3).
 
Entrambe le impostazioni sono giudicate negativamente dalla Nota che, nelle sue 19 pagine, evidenzia le “implicazioni antropologiche” e quelle  “ecclesiologiche” del rapporto tra mandato missionario, rispetto della coscienza e libertà di religione.
 
Sotto il primo profilo si contestano quelle “diverse forme di agnosticismo e relativismo presenti nel pensiero contemporaneo”, per le quali la “verità” non è conoscibile dall’uomo e la proposta cristiana rappresenta “un attentato alla libertà altrui”. Lo stesso si può dire di “alcune concezioni di vita che provengono dall’Oriente; in esse infatti si nega alla verità il su carattere esclusivo, partendo dal presupposto che essa si manifesta in modo uguale in dottrine diverse, persino contraddittorie tra di loro”. Ma, afferma il documento, la libertà umana non può essere svincolata dal suo riferimento alla verità e “Dio ha donato agli uomini l’intelligenza e la volontà perché lo potessero liberamene cercare, conoscere ed amare”. (n. 4).
 
La spinta all’evangelizzazione ha portato e porta al contatto con culture diverse. E’ la inculturazione, attraverso la quale “la stessa Chiesa universale si arricchisce di espressioni e valori”. “sebbene il Vangelo sia indipendente da tutte le culture” ed “è capace di impregnarle tutte, senza tuttavia lasciarsene asservire”. Nell’incontro con culture diverse si evidenzia la caratteristica del dialogo, presente nella evangelizzazione. Ma , “come in ogni campo dell’attività umana, anche nel dialogo in materia religiosa può subentrare il peccato”. Ciò accade quando esso “ceda all’inganno, ad interessi egoistici o all’arroganza”. “Perciò la Chiesa proibisce severamente di costringere o di indurre e attirare qualcuno con inopportuni raggiri ad abbracciare la fede”. (n. 8).
 
Dal punto di vista della ecclesiologia, il documento rileva che oggi “l’annuncio missionario della Chiesa viene messo in pericolo da teorie che intendono giustificare il pluralismo religioso” non solo di fatto, ma di principio. “Si afferma addirittura che la pretesa di aver ricevuto in dono la pienezza della Rivelazione di Dio nasconde un atteggiamento di intolleranza ed un pericolo per la pace”. (n. 10).
 
In realtà, “il rispetto della libertà religiosa e la sua promozione non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi lo stesso amore spinge i discepoli di Cristo ad annunciare a tutti gli uomini la verità che salva”. “Si comprende allora l’urgenza dell’invito di Cristo ad evangelizzare e come la missione, affidata dal Signore agli apostoli, riguardi tutti i battezzati”. “Questo impegno apostolico è un dovere ed anche un diritto irrinunciabile, espressione propria della libertà religiosa, che ha le sue corrispondenti dimensioni etico-sociali ed etico-politiche. Un diritto che purtroppo in alcune parti del mondo non è ancora legalmente riconosciuto ed in altre non è rispettato nei fatti”. (n. 10). Affermazione, quest’ultima, esplicitata in una nota che ricorda il diritto di “partecipare ad altri le proprie convinzioni” e favorire l’ingresso di altri nella propria comunità religiosa.
 
I due principi della necessità di evangelizzare e della libertà religiosa hanno evidenti “implicazioni ecumeniche”, secondo la definizione della stessa Nota. Che in primo luogo afferma l’importante ruolo
dell’ecumenismo: “L’unità è, infatti, il sigillo della credibilità della missione”.
 
Ciò premesso, il problema è posto dalla evangelizzazione cattolica “in Paesi dove vivono cristiani non cattolici, soprattutto in Paesi di antica tradizione e cultura cristiana. Qui si richiede sia un vero rispetto per la loro tradizione e le loro ricchezze che un sincero spirito di cooperazione”. Il pensiero corre ai non citati, tesi rapporti con l’ortodossia russa e alle sue accuse di proselitismo. Pur senza indicare il caso concreto, il documento afferma che “con i cristiani non cattolici, il cattolico deve entrare in un dialogo rispettoso della carità e della verità: un dialogo che non è soltanto uno scambio di idee, ma di doni”. (n. 12). Ma “se un cristiano non cattolico, per ragioni di coscienza e convinto della verità cattolica, chiede di entrare nella piena comunione della Chiesa cattolica, ciò va rispettato come opera dello Spirito Santo e come espressione della libertà di coscienza e di religione. In questo caso non si tratta di proselitismo, nel senso negativo attribuito a questo termine”. (n. 12). La prospettiva della conversione, afferma il documento “richiede naturalmente di evitare ogni indebita pressione” e “il medesimo esercizio della carità è gratuito”.
 
 
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