La “giornata della rabbia” palestinese diventa guerriglia urbana
Al lancio di pietre la polizia israeliana ha risposto con proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Una quarantina i feriti e 25 arrestati. L’iniziativa lanciata dai fondamentalisti di Hamas, in risposta all’inaugurazione di una sinagoga nei pressi della moschea di al-Aqsa. Fonte di AsiaNews: è una guerra di religione.
Gerusalemme (AsiaNews) – Lanci di pietre dei manifestanti, ai quali la polizia ha risposto con proiettili di gomma e gas lacrimogeni; 25 palestinesi arrestati e un militante dell’estrema destra israeliana fermato mentre cercava di entrare al Monte del Tempio; una quarantina di palestinesi feriti, in cura negli ospedali di Gerusalemme est. È il bilancio della guerriglia urbana scatenata oggi nella città occupata, dopo la proclamazione della “Giornata della rabbia” indetta dai fondamentalisti di Hamas in risposta all’inaugurazione della sinagoga di Hurva, nella Città Vecchia. La sinagoga è vista come l'ennesimo atto di occupazione di territorio palestinese, mirante a escludere che Gerusalemme est divenga la capitale di un futuro Stato palestinese.
Fonti di AsiaNews a Gerusalemme spiegano che “è in atto una guerra di religione”, anche se “nessuno lo vuole ammettere”. “Finora nessuno lo ha ammesso – prosegue – ma il quadro reale comincia a emergere, la politica non c’entra”. Il progetto israeliano di proseguire con la costruzione di 1600 nuovi alloggi a Gerusalemme est e la riapertura della sinagoga di Hurva (nei pressi della moschea di al-Aqsa), aggiunge, sono “provocazioni” lanciate da Tel Aviv per “mettere sotto pressione il fronte musulmano”.
Israele non vuole la nascita di uno Stato palestinese, prosegue la fonte di AsiaNews, ed è “contenta” delle divisioni fra Fatah e Hamas. “Il popolo palestinese – sottolinea – è depresso e disperato. Non so nemmeno se avrà la forza di lanciare una terza Intifada”.
Migliaia di palestinesi hanno accolto l’appello lanciato da Hamas, che ha indetto per oggi la “Giornata della rabbia”. Una risposta all’inaugurazione, voluta da Israele, di una sinagoga situata in un’area contesa dai due fronti. Hatem Abdel Qader, portavoce di Fatah a Gerusalemme, afferma che “la sinagoga sarà il preludio delle violenze, del fanatismo religioso e dell’estremismo”. Intanto il premier Netanyahu conferma che “non ci saranno interruzioni” al programma di insediamenti ebraici nella Città Santa.
Analisti internazionali spiegano che il Primo Ministro è a un bivio: se cancella il programma di insediamenti, la stabilità del governo a rischio. Se non lo fa, sarà la fine dei colloqui di pace in Terra Santa.
L’inviato Usa per il Medio oriente George Mitchell ha posticipato la visita in Israele. Una decisione, secondo Washington, che non è legata alla questione degli insediamenti. Essa avverrà, spiega la Casa Bianca tramite l’ambasciata a Tel Aviv, dopo il meeting del Quartetto per il Medio oriente (tra Usa, Onu, Ue e Russia) in programma a Mosca.
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