L'inferno di Jaffna: distrutti una chiesa e una scuola per ragazze
Gli scontri fra esercito e ribelli Tamil si sono concentrati verso il nord. Mancano comunicazioni e la popolazione civile è la più colpita.
Colombo (AsiaNews) Governo e ribelli si accusano a vicenda mentre sale il bilancio dei morti in una serie di attentati che è costata la vita a più di 80 persone a Colombo e attorno alla penisola di Jaffna.
Stamane 7 persone (4 soldati e 3 civili) sono stati uccise e 17 ferite per lo scoppio di una mina nella capitale. Lo scoppio è avvenuto vicino alla residenza del presidente Mahinda Rajapakse, mentre una fila di auto passava di là scortando l'ambasciatore pakistano Bashir Wali Mohamed. Il diplomatico non ha subito alcun danno.
L'esplosione è avvenuta dopo due attentati terroristi nel nord del Paese in cui una chiesa e una casa per bambine sono stati bombardati durante scontri a fuoco fra l'esercito (Sla) e le Tigri della Liberazione Tamil (Ltte). Il bilancio è altissimo: in tutto vi sono almeno 76 morti e quasi 150 feriti.
Ieri è stata bombardata e bruciata la chiesa di san Filippo Neri ad Allaipiddy, una piccola isola fra le tante vicino alla penisola di Jaffna, sotto il controllo dell'esercito. Nella chiesa vi erano decine di persone rifugiatesi per scampare ai combattimenti. Almeno 15 persone sono morte e 20 sono rimaste ferite.
Questa mattina, almeno 61 bambine sono state uccise e 129 ferite in un raid aereo dell'esercito che ha colpito un collegio nella zona di Mullaitivu, tenuta dai ribelli. Le bambine si erano radunate per un corso di 2 giorni sulle cure mediche di emergenza, quando sono state colpite dalle bombe.
L'esercito ha confermato di aver eseguito raid aerei, ma nega ogni responsabilità nell'attentato al collegio e accusa invece i ribelli per aver distrutto la chiesa. Il parroco di Allaipiddy, p. Amalraj, ha detto ad AsiaNews che socondo molte persone entrambi gli attacchi sono stati compiuti dai militari regolari. P. Amalraj si trova attualmente a Kilinochchi, in una zona controllata dai ribelli.
Un altro sacerdote, che ha voluto conservare l'anonimato, ha raccontato ad AsiaNews: "Per noi è molto difficile avere informazioni su quanto succede a Jaffna perché le linee sono quasi tutte saltate. Ma abbiamo incontrato una donna che è stata ferita nell'attacco alla chiesa, portata qui dai ribelli per essere curata. Lei ci ha detto che ieri non appena le Ltte sono arrivate a Allaipiddy, le truppe dell'esercito sono fuggite dalla zona vicino alla chiesa e hanno invitato la gente ad andare con loro. Alcuni vi sono andati. Più tardi l'esercito ha bombardato e colpito la chiesa, colpendo tutti quelli che erano rimasti. Un sacerdote di Allaipiddy e due di Kayts sono giunti per trasportare i feriti all'ospedale di Jaffna". Un sito web pro-Tiger afferma che l'esercito ha bombardato la chiesa dalla sua base a Palaly.
Dall'11 agosto, i combattimenti si sono spostati dall'est verso il nord. A Jaffna, l'attuale epicentro degli scontri, vige uno stretto coprifuoco. "La cosa peggiore afferma p. Amalraj è il fatto che non è possibile comunicare con Jaffna. Ciò aumenta l'angoscia della gente. Ho appena incontrato 20 pescatori di Mandaithivu: sono usciti a pescare ieri, ma oggi no non riusciti a tornare. Le loro famiglie non sanno nulla del loro destino e no si riesce ad avere contatti con loro".
Chiese, scuole e perfino la casa del vescovo sono stati presi dalla popolazione come luoghi di rifugio. "Ma in altre aree - spiega p. Vinny Joseph, direttore del Jesuit Refugee Service la gente non è così fortunata: il coprifuoco non permette a molta gente di muoversi da casa. Chi ha osato, è stato ucciso o ferito negli scontri. Le Ltte ha consigliato alle persone di trasferirsi, ma l'esercito non lo permette".
Le Tigri hanno ormai perso ogni speranza di pace e accusano il governo di aver iniziato un escalation. "Eppure afferma p. Amalraj - la maggior parte dei civili vorrebbe solo che la guerra finisse". P. Amalraj ha lasciato Allaipiddy nel maggio scorso, dopo che vicino alla sua chiesa sono stati uccise 8 persone, fra cui 2 bambini. I parenti delle vittime accusano la marina cingalese dell'attentato. "È sempre la stessa storia conclude il sacerdote - in ogni conflitto, sono sempre gli innocenti a pagare ed essere uccisi". (DV)