05/08/2004, 00.00
BANGLADESH
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L'eroismo quotidiano nella tragedia delle inondazioni

di Marta Allevato
Organizzazioni musulmane, cristiane ed internazionali sostengono la vita dei senza-tetto e pensano al dopo-alluvione

Dhaka (AsiaNews) – Le inondazioni di queste settimane non prostrano la tenacia dei bengalesi nel risollevarsi dalle sofferenze. Colpita ogni anno da disastri di questo tipo, la popolazione, continua a reagire con grande forza e dignità, dettata da una paziente rassegnazione. Le alluvioni che interessano Dhaka, poi, non sono così impetuose. Se si tiene conto della vastità dell'area colpita, il numero delle vittime non è così allarmante. In un'intervista ad AsiaNews, P. Franco Cagnasso, missionario del Pime per decenni in Bangladesh, racconta la situazione delle inondazioni in città, fuori dagli schemi usuali, senza nascondere gli effettivi problemi.

P. Cagnasso, come vive la popolazione in una situazione così drammatica?

La gente continua a vivere nelle proprie case con 10-15 cm d'acqua in condizioni igieniche disastrose, favorendo il diffondersi di malattie tipo tifo e dissenteria. Molti non riescono a raggiungere il posto di lavoro e decidono così di tornare nei propri villaggi, se non sono stati colpiti dalle inondazioni. Per la città, invece, si vedono molte persone vagare cercando di reperire viveri, elemosinando o vendendosi gli animali. Solo quando il livello dell'acqua supera il metro e mezzo allora abbandonano le abitazioni.

Che tipo di aiuti sta ricevendo la città?

Ci sono diversi livelli di soccorso. Il primo e più diretto è quello che arriva dal tessuto sociale naturale. Le zone meno colpite cercano di portare aiuti alimentari a quelle più bisognose. Molto impegnate anche le autorità religiose musulmane che dirigono alcuni centri di accoglienza. Anche diverse strutture cattoliche si stanno attrezzando per garantire almeno riparo alle vittime.

La chiesa degli oblati di Maria Immacolata, ad esempio, trovandosi in una posizione più elevata rispetto al contesto, non ha subito molti danni e ha deciso di offrire ospitalità ai bisognosi. Sono stati stesi teli impermeabili a terra e ogni giorno si distribuiscono riso e legumi ai circa 1.000 ospiti.

Il secondo livello è quello dei partiti politici. Più o meno tutti si stanno mobilitando, ma senza una  reale efficacia, mossi solo dall'interesse di farsi vedere impegnati dai potenziali elettori.

L'ultimo livello è quello delle grandi organizzazioni internazionali e del Governo di cui ho notizie dai media locali. Data la grande esperienza dell'Olanda nella gestione di grandi masse d'acqua e la sua disponibilità alla collaborazione, il Primo ministro bengalese, ad esempio, ha incontrato l'ambasciatore olandese uscente, per chiedere alcuni consigli. Rivolti più a ai disagi del dopo alluvione che a quelli contingenti, gli sforzi delle organizzazioni internazionali. Due giorni fa, il 3 agosto,si è svolto, a Dhaka, un meeting organizzato dall'Onu con diverse Ong per reperire fondi necessari agli interventi di ricostruzione, mentre anche la Caritas internazionale oltre al primo soccorso, sta studiando piani per la riabilitazione.

Lo scenario, infatti, più preoccupante è quello di migliaia di famiglie che dopo aver perso il raccolto, il lavoro e la casa, dovranno costruirsi di nuovo una vita.

Come reagisce allora la gente a questo tipo di sofferenza? Si continua a sperare nonostante tutto?

Quello che più mi stupisce è la grande capacità di accettare la sofferenza. Nessuno, ormai, crede o spera che le cose cambino. L'atteggiamento generale è di rassegnazione ma anche di grande dignità. Si verificano infatti alcune risse mentre si fa la coda per accaparrarsi un  po' di cibo, ma una situazione così drammatica avrebbe potuto portare a tensioni sociali ben più gravi.

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