L'Iran risponde con la repressione ai problemi delle minoranze
Milioni di arabi, curdi e baluchi non hanno alcun riconoscimento culturale, ma forte presenza di esercito, polizia e servizi segreti. Accuse a Usa, Gran Bretagna e Israele, mentre si ignorano frustrazione e violazione di diritti umani.
Teheran (AsiaNews) Repressione: l'Iran sta reagendo così all'emergenza ormai costituita dalle sue vaste minoranze. Sotto il profilo religioso, l'islam sciita è religione di Stato: avere il permesso di costruire una moschea sunnita sembra talvolta essere difficile quanto edificare una chiesa. E il censimento non fa distinzione tra i musulmani sciiti e sunniti e considera minoranze solo cristiani, ebrei e zoroastriani.
Dal punto di vista etnico e culturale, gli Azeri sono la minoranza la più numerosa: 20 milioni di abitanti (su 70 milioni). Sono sciiti e possono identificarsi con la Repubblica islamica iraniana.
Altre minoranze sono sunnite: non godono alcun riconoscimento culturale e lamentano discriminazioni: sono gli arabi, i curdi e i baluchi. Questi vivono vicino ai confini di Paesi in stato di guerra e dove il traffico di droga alimenta violenze e povertà. In queste zone periferiche, gli investimenti statali sono rari, la disoccupazione è più importante che altrove, come l'analfabetismo ed altre plaghe sociali.
All'Est, vicino all'Afghanistan e al Pakistan, si trova la provincia Sistan-Baluchestan, dove "Jundallah", un gruppo estremista sunnita, compie regolarmente azioni terroriste e minaccia pure le autorità religiose sunnite, accusate di essere troppo cooperative con lo Stato. Il 14 maggio, Askandar Moemeni, il comandante della polizia iraniana, annunciava l'assassinio di 12 persone avvenuto vicino all'autostrada Kerman - Bam. Accusa "Jundallah". Secondo il vice-governatore del Sistan-Baluchestan, sei "ribelli" sono stati uccisi dalle forze dell'ordine, facevano parte di un gruppo di 15-20 militanti vestiti con le divise della polizia. I Baluchi sono 1.4 milioni, per lo più sunniti di scuola hanafita.
All'Ovest, vicino all'Iraq, vivono i curdi iraniani (5-8 milioni, il 7 % della popolazione), sunniti anche loro. L'8 maggio, nella città di Kermanshah (a 250 km da Baghdad), due esplosioni hanno ferito 6 persone nelle sedi del Governatore e della Camera di commercio. Sotto accusa, e soggetti a repressione quando fanno dimostrazioni, i curdi. La repressione usa anche talvolta mezzi militari, inclusa l'artiglieria, contro i villaggi vicini al confine dove il PKK (Kurdistan Workers Party, considerato organizzazione terrorista dalla Turchia, dagli USA ed altri) è accusato di avere delle basi operative. Ma c'è anche un partito curdo rivale, il PUK (Patriotic Union of Kurdistan), che talvolta attacca obiettivi iraniani, partendo dall'Iraq.
Al Sud-Ovest, ancora nel confine con l'Iraq, c'è la provincia "araba" del Khuzestan. Pure là, violenze, repressione e l'opposizione tra lo Stato sciita e la minoranza sunnita. All'inizio di maggio, un "sheikh waabita" è stato arrestato ed è accusato d'essere l'istigatore se non l'organizzatore di manifestazioni e attacchi con esplosivi. Questa regione, dove vivono 2 milioni di arabi, possiede l'80 % delle riserve iraniane di idrocarburi. Perciò, i "Guardiani della Rivoluzione" concentrano il controllo e la repressione in questa parte del Paese: una nuova base militare è stata stabilita ad Abu al-Fadl. Che vogliono gli arabi (2 milioni)? Prima di tutto, servizi pubblici migliori e la fine di una discriminazione socio-economica contro la loro minoranza.
L'Iran accusa gli Stati Uniti, l'Inghilterra o Israele di sostenere questi gruppi ribelli, ma non riconosce le radici profonde di questa violenza: frustrazioni legate a discriminazioni, provenienti dalla mancanza di rispetto dei diritti umani e di Stato di diritto. Per il momento, l'Iran reagisce all'emergenza, in pratica rinforzando i servizi segreti e con la repressione. I governatori di queste province sono stati cambiati con degli uomini di fiducia di Ahmadinejad e del regime. Il ministro dell'Interno, Mostafa Pourmohammadi, parlava ieri di un problema di armi e di immigrati illegali ancora una volta, non riconoscendo che in Iran, c'è una vera diversità culturale (50 % non sono "persiani") e un problema importante di discriminazione verso le minoranze.