L'Autorità palestinese non può essere il vero interlocutore per la pace
Tel Aviv (AsiaNews) - Seguendo l'intensa attività regionale e internazionale attorno al conflitto israelo-palestinese: riunioni del "Quartetto", visite ministeriali, incontri di capi governo, dichiarazioni, conferenze stampe..., diventa sempre più chiaro il malaugurato equivoco alla radice, e al centro, di tanta attività: la supposizione che gli eventuali, futuri, negoziati di pace, se mai ci saranno, dovranno avvenire tra Israele e l'Autorità nazionale palestinese (Anp). Ecco perchè tanto interessamento per i programmi, i princìpi, le politiche, le ideologie, persino la teologia, dell'Anp. Ecco il perché di tante esigenze perentorie rivolte a quella pericolante struttura. Esigenze, di cui l'inflessibile perentorietà assieme alla crescente distanza, che le separa dalla sempre più triste realtà "sul terreno", quasi garantiscono il non-adempimento allo stato attuale delle cose.
Con la conseguenza, tra l'altro, che da tempo non si sente più parlare di pace, e neppure di negoziati di pace, concretamente intesi, ma si parla invece - e molto, moltissimo - soltanto di uno tra i tanti possibili meccanismi per arrivarci, la famosa "Road Map", quasi fosse divinamente ordinato che non ce ne debba mai essere un altro. Tutto come se questo particolare meccanismo (che mirava alla pace compiuta entro il 2005) non fosse già fallito da tempo, liberando il campo ad altre idee, altre iniziative - come quella annunciata da Francia-Spagna-Italia nello scorso mese di novembre, e subito dopo (non si sa perché) effettivamente accantonata.
Ma il "partner" di Israele (e del resto del mondo) ai fini del trattato di pace certamente non è l'Anp. Essa non è che una struttura strettamente interinale, temporanea, messa su dal "processo di Oslo" degli anni '90, per amministrare in modo semi-autonomo una parte dei Territori palestinesi, precisamente in attesa che gli organi a ciò competenti concludessero il trattato di pace, per mettere fine al conflitto, dare la libertà ai palestinesi, e tutelare la sicurezza di entrambe le Nazioni. E l'organo competente, per la parte palestinese, lungi dall'essere l'Anp, è l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, l'Olp.
E' l'Olp, che ha firmato gli Accordi di Oslo, che ha riconosciuto Israele, e che da esso è stato riconosciuto come unico interlocutore competente allo scopo di negoziare e firmare la pace. E' l'Olp che è stato riconosciuto dal mondo arabo, e dall'intera Comunità internazionale, quale unico rappresentane del Popolo palestinese sul piano internazionale. E' infatti l'Olp, che già nel lontano 15 novembre 1988 aveva accettato pubblicamente il principio dei "due Stati" nella ex-Palestina mandataria, in conformità con la risoluzione Onu del 29 novembre 1947, e che ha proseguito coerentemente con la Dichiarazione di principi, firmata con Israele il 13 settembre 1993.
Anzi, gli accordi degli anni '90, che hanno provveduto all'Autorità palestinese, stabiliscono esplicitamente che essa non ha alcuna capacità di rappresentanza sul piano internazionale, funzione riservata all'Olp - e ciò, tra altri motivi, per l'insistenza da parte di Israele.
Se le cose non vanno bene nei territori semi-controllati dall'Autorità palestinese, se da essi partono attacchi contro Israele, se essi sono teatro di frequenti lotte intestine e fratricide tra palestinesi, questi fatti non servono che ad accentuare l'urgente necessità di sostituire questa struttura, pensata in circostanze ben diverse rispetto a quelle di oggi, da un vero Stato palestinese, basato su di un trattato di pace definitivo con Israele. Pace che spetta al solo Olp negoziare e firmare.
E' l'Olp, rappresentato dalla sua componente principale, al-Fatah, che ha perso le elezioni dello scorso anno per le istituzioni dell'Autorità palestinese, essendosi dimostrato, agli occhi dell'elettorato, incapace di adempiere la promessa di libertà fatta nel decennio precedente. Ed è l'Olp, che rischia adesso di vedersi profondamente alterato dalla minacciata immissione in esso di organizzazioni islamiste tipo Hamas, se quella promessa rimane ancora inadempiuta.
Ora questo ipotizzato ingresso degli islamisti nell'Olp non è ancora avvenuto. E si può ancora evitare, se l'Olp verrà messo in condizioni di "portare a casa" un trattato di pace ragionevolmente equo, che - e questo è praticamente certo - sarà accolto positivamente dalla grande maggioranza dei palestinesi nei Territori.
In tal caso, i pericoli attualmente rappresentati dalle forze islamiste, specie quelle votate alla violenza, sarà superato, e i "due Stati", voluti dall'Onu già nel 1947, dovranno poter convivere pacificamente. Ma il tempo di farlo è ora. E si stenta a capire perchè gli "adulti responsabili" non ne fanno, di questo tempo che si fa sempre più breve, l'uso che si richiede, nel convocare Israele e Olp a veri e propri negoziati di pace (possibilmente in un quadro regionale più completo), invece di concentrare l'attenzione su idee fallite e su una struttura fallimentare, comunque destinata allo scioglimento, ed intrinsecamente incapace di essere uno Stato che non c'è; anzi, destinata - proprio dalla persistente mancanza di pace, di sicurezza e di libertà, per le loro popolazioni - a tramontare comunque.