27/10/2008, 00.00
SIRIA-USA
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L’attacco americano contro la Siria, ci si chiede anche perché proprio ora

L’azione militare è la prima dal 2003, anche se non sono mancate accuse Usa contro Damasco, ed avviene mentre Assad compie gesti di apertura nei confronti di Israele e delle richieste occidentali.
Beirut (AsiaNews) - La domanda è: “perché proprio ora?”. E’ quanto più o meno apertamente ci si chiede il giorno dopo il raid delle forze speciali statunitensi che, all’interno della Siria, hanno ucciso, sembra, otto persone. Terroristi di al Qaeda, secondo gli americani, operai che costruivano una casa secondo i siriani.
 
L’azione militare è stata condotta da un gruppo di elicotteri, che sono penetrati nella zona di Albou Kamal, vicino al confine iracheno. La prevedibile reazione siriana ha visto la convocazione degli incaricati d’affari americano e iracheno e la “condanna per l’aggressione e le sue ripercussioni” da parte del Ministero degli esteri di Damasco, mentre tutti i media nazionali e molti di quelli arabi si scagliano contro Washington e l’amministrazione Bush.
 
Da più parti si rileva come l’attacco è giunto appena due giorni dopo le dichiarazioni del generale John Kelly, responsabile delle forze Usa nell’Iraq occidentale, sulla sicurezza dei confini iracheni. Dopo aver sottolineato i buoni risultati ottenuti da sauditi e giordani, Kelly aveva detto che il confine con la Siria era “un’altra storia” e l’aveva definito “incontrollato”, parlando anche di “un certo livello del movimento di miliziani stranieri”.
 
A suscitare domande è il fatto che dal 2003, data dell’invasione americana dell’Iraq, non c’era mai stato un attacco delle forze statunitensi contro la Siria, anche se non erano mancate accuse per la tolleranza o addirittura la complicità del regime di Assad nei confronti dei “combattenti” stranieri che attraversavano il confine per andare ad ingrossare le fila del terrorismo.
 
Non è tutto. Da qualche tempo, infatti, Bashar al Assad mostra disponibilità per un riavvicinamento all’Occidente – si pensi ai rapporti diplomatici con il Libano - ed in maniera abbastanza esplicita ha chiesto la partecipazione statunitense al tentativo di negoziato con Israele. Ambienti diplomatici aggiungono che Damasco sarebbe disponibile ad accogliere la richiesta israeliana ed americana di tagliare o almeno raffreddare decisamente l’alleanza con Teheran. Washington avrebbe anche fatto sapere – tramite, si dice, il presidente palestinese Mahmoud Abbas – che potrebbe premere sugli israeliani per la restituzione alla Siria delle Alture del Golan, in cambio della rottura con Teheran. Obiettivo per il quale Damasco sarebbe disponibile a sospendere l’appoggio a Hezbollah.
 
L’odierna dichiarazione del Dipartimento di Stato Usa a proposito dell’attacco - “stiamo verificando” – oltre alla classica risposta dilatoria, potrebbe significare che ci si trova di fronte ad una - improbabile, ma non da escludere – iniziativa dei militari americani. O magari è un segnale ad Assad: oltre alla carota, c’è sempre anche il bastone. (PD)
 
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