L’accordo Gazprom-Asia centrale scatenerà aumenti del gas
Mosca (AsiaNews/Agenzie) – Potrà scatenare l’aumento del prezzo del gas, l’accordo stipulato dal gigante russo Gazprom con tre Stati dell’Asia centrale. A soffrirne sarebbero soprattutto i Paesi più poveri dell’Asia, ma forse anche la Cina.
La Gazprom ha concordato l’11 marzo con le ditte statali del gas di Uzbekistan, Kazakistan e Turkmenistan di pagare il loro gas al “prezzo dei mercati europei”, a partire dal 2009. Per anni la Russia ha comprato a basso prezzo il gas dell’Asia centrale per usarlo per il consumo interno, mentre ha venduto all’Europa il proprio gas a prezzi più che doppi. All’inizio del 2006 la Gazprom pagava a questi Stati meno di 70 dollari per mille metri cubi (mmc) di gas naturale. Per il 2007 il prezzo è stato di 100 dollari e si prevedono aumenti fino a 150 dollari nel 2008. Intanto l’Unione europea paga anche 300 dollari per la stessa quantità di gas e si prevede che per il 2009 il prezzo sarà tra 350 e 400 dollari per mmc.
Mosca vuole così bloccare il progetto di Europa e Usa di portare il gas dell’Asia attraverso il Mar Caspio, aggirando la Russia, offrendo lo stesso prezzo che l’Ue poteva offrire. Intende così mantenere l’attuale monopolio, dato che tutti i gasdotti dell’Asia Centrale passano per la Russia, a parte un modesto impianto tra Turkmenistan e Iran e uno parzialmente funzionante dal Kazakistan alla Cina.
Si prevede che questo causerà aumenti di prezzo in Europa ma, soprattutto, per gli Stati ex sovietici, che hanno finora goduto di prezzi molto minori. Sono preoccupati soprattutto il Tagikistan e il Kirghizistan, che già non riescono a pagare 145 dollari per il gas uzbeko, che due anni fa costava 50 dollari per mmc. Entrambi i Paesi sono in ritardo con i pagamenti e subiscono frequenti tagli di forniture. Entrambi non appaiono avere sufficienti risorse per pagare 300 o più dollari per mmc.
La Cina ha contratti con Kazakistan e Turkmenistan per acquistare grandi quantità di gas per decine di anni e ha costruito gasdotti lunghi migliaia di chilometri. Ma gli esperti osservano che non è raro che gli Stati dell’Asia Centrale pretendano di rivedere i prezzi. E prevedono che la Cina pagherà, perché ha grande bisogno di energia.