L’Onu approva nuove, diluite, sanzioni contro Teheran
Colpite soprattutto strutture legate ai pasdaran e ai programmi nucleare e missilistico. Per ottenere il voto della Cina non sono state toccate l’industria petrolifera e le banche. Ciò malgrado, gli iraniani criticano l’atteggiamento cinese. Ahmadinejad oggi a Shanghai.
Beirut (AsiaNews) – Alla fine, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato il quarto round di sanzioni internazionali contro l’Iran, motivato con la prosecuzione del programma nucleare di Teheran, senza le garanzie della sua destinazione a soli scopi civili. La risoluzione prevede soprattutto ulteriori restrizioni nei confronti di 15 aziende “possedute, controllate o gestite” dai pasdaran, di alcune compagnie di navigazione e di 22 imprese collegate alle attività atomiche o missilistiche, il divieto all’Iran di investire in ricerche o estrazioni minerarie di uranio. Ci sono poi il divieto della vendita di armi pesanti, come gli aerei da combattimento, all’Iran e la possibilità di ispezioni delle navi iraniane “sospettate” di trasportare materiale che potrebbe servire al programma nucleare o missilistico iraniano.
La risoluzione è stata approvata con 12 voti a favore, due contrari (Brasile e Turchia) e un astenuto (Libano). La necessità di ottenere il consenso della Cina, membro permanente del Consiglio di sicurezza, ha però impedito agli Stati Uniti e ai loro alleati di imporre divieti o limiti sui due punti che avrebbero colpito più duramente Teheran, vale a dire il mercato energetico (petrolio e gas) e il sistema bancario. Colpito un solo istituto di credito, la First East Export Bank, con sede in Malaysia, mentre Pechino è riuscita a salvare la ben più importante Export Development Bank of Iran.
A caldo, il presidente Barack Obama ha detto che la risoluzione è un “messaggio inequivocabile della comunità internazionale” all’Iran, ma ha aggiunto che “gli Stati Uniti restano aperti al dialogo” e per una “soluzione pacifica”, purché l’Iran “rispetti i suoi obblighi e dimostri alla comunità internazionale la natura pacifica delle sue attività nucleari”.
Da Teheran, però, arrivano risposte arroganti, il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha detto che la decisione “è destinata a finire nella spazzatura” e che comunque il suo Paese proseguirà nelle attività di arricchimento dell’uranio, il ministro degli esteri, Manouchehr Mottaki, di una decisione che “danneggia il Consiglio di sicurezza”.
Sul piano pratico, fin da quando si è delineata la possibilità delle nuove sanzioni, l’Iran ha messo in moto una serie di contromisure. Ad esempio, la gran parte delle navi della sua compagnia di bandiera ha cambiato ripetutamente proprietà e nazionalità, in modo da rendere molto problematica la possibilità di ispezioni.
In realtà, però, malgrado le affermazioni sprezzanti, la dirigenza iraniana ha sperato fino all’ultimo che Pechino riuscisse a bloccare tutto o quanto meno a diluire ancora di più le sanzioni. Delusione e irritazione verso il Paese che è il primo partner commerciale iraniano - e che sta dando sostegno proprio all’industria petrolifera – trapelano da alcune dichiarazioni del capo del programma atomico iraniano, Ali Akbar Salehi, riportate dall’ufficiosa ISNA. Salehei si dice “sorpreso” dal fatto che la Cina “accetti il dominio degli Stati Uniti”, aggiungendo che “la Cina sta lentamente perdendo la sua posizione di rispetto verso il mondo islamico e il giorno nel quale si risveglierà, sarà troppo tardi”.
L’attenzione di Teheran verso Pechino resta comunque molto alta. Oggi pomeriggio, Ahmadinejad arriva a Shanghai, dove domani si celebra la Giornata dell’Iran all’Esposizione universale. Nel suo programma non sono previsti una tappa a Pechino, né incontri con leader cinesi di alto livello. Il che rende significativi previste dichiarazioni e il livello di eventuali colloqui politici. (PD)
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