L’Islam alla conquista della Russia
Per la prima volta, in una università statale viene accolta una tesi di teologia islamica. I fedeli di Maometto nel Paese potrebbero arrivare al 30% entro il 2030. L’Islam e la Chiesa ortodossa dovranno spartirsi la fedeltà dei credenti, in concorrenza ma anche in accordo con la Turchia neo-ottomana di Erdogan.
Mosca (AsiaNews) – L’università statale di San Pietroburgo ha annunciato che nel 2020 si terrà la prima difesa di una dissertazione dottorale di teologia islamica sul “Movimento modernista islamico di fine XX – inizio XXI secolo”, il cui autore è l’imam-mukhtasib Damir Mukhetdinov, rettore dell’Istituto islamico di Mosca e primo vicepresidente dell’Amministrazione religiosa dei musulmani nella Federazione Russa.
Secondo le nuove regole accademiche, ispirate dalla Chiesa Ortodossa, la teologia è dall’anno scorso un argomento accademico ufficiale, e il consiglio di facoltà ha il potere di accettare tesi di argomento teologico per le tesi di specializzazione e dottorato. Il relatore della tesi è il professor Vitalij Naumkin dell’Accademia delle Scienze di Russia, uno dei più famosi orientalisti e islamologi del Paese.
La tesi di Mukhetdinov sarà l’occasione per valutare l’importanza della religione musulmana nella Russia di oggi, argomento che sta diventando sempre più significativo: secondo varie analisi, nel 2030 il numero dei seguaci di Maometto nel Paese raggiungerà il 30%, e nel 2050 potrebbe superare il 50% della popolazione. Ad oggi professano la fede islamica tra i 15 e i 20 milioni di russi, presenti in tutte le regioni del paese, oltre che nelle due principali regioni di etnia tartara, il Tatarstan e il Bashkortostan, e nelle zone del Caucaso settentrionale, dove l’Islam è praticamente la religione ufficiale.
A cominciare dagli anni ‘90, i rappresentanti di queste comunità e di queste etnie hanno sviluppato un dialogo sempre più intenso tra loro, anche superando le barriere linguistiche etniche e usando la lingua russa. In molte moschee di Russia ormai le omelie sono pronunciate in russo. Anche le organizzazioni musulmane si consolidano ulteriormente col tempo: nel Tatarstan esiste il Consiglio dei Muftì accanto all’Amministrazione religiosa centrale, nel Caucaso esiste un centro regionale di coordinamento, a cui si riferiscono i tanti muftì locali.
Il governo russo ha evitato di imporre un’unica struttura a tutti i musulmani, vista la difficoltà di imporre una linea ufficiale, e preferisce giocare di sponda con le varie organizzazioni, che in tutta la Federazione sono circa 80.
Crescono anche le statistiche dei musulmani in regioni non caratterizzate da etnie tradizionalmente islamiche, come nelle zone più settentrionali del Paese e nell’estremo oriente, anche in seguito a flussi migratori di altra provenienza, come quello degli uiguri dalla Cina. Sulle cifre non esiste accordo tra gli esperti, non esistendo elementi specifici per determinare l’appartenenza religiosa della popolazione, ma solo dei criteri orientativi di sondaggio. A volte gioca la sensazione provocata da eventi particolari, come alcune recenti riunioni di preghiera di musulmani che hanno riempito una grande via di Mosca, l’Olimpijskij Prospekt, dando all’esterno l’impressione di una profezia apocalittica per il futuro della Russia.
Nella coscienza russa si distingue peraltro l’Islam “tradizionale” da quello “radicale”, riferendosi alle vicende storiche per cui i tatari che hanno dominato la Rus’ antica dal XIII al XV secolo, convertiti all’Islam a fine ‘300, si sono poi integrati nella Russia ortodossa dai tempi di Ivan il Terribile, che sconfisse i tatari di Kazan e li fece vassalli della “Terza Roma” moscovita. Le spinte radicali sarebbero invece emerse dopo la fine del comunismo, soprattutto in Cecenia e nel Caucaso, ma anch’esse sarebbero ormai sotto controllo della politica neo-ortodossa putiniana.
L’Islam e la Chiesa Ortodossa dovranno quindi spartirsi la fedeltà dei credenti all’ideale della Russia sempre più unita all’interno e potente nel panorama internazionale, soprattutto grazie al controllo della regione mediorientale in concorrenza, ma anche in accordo con la Turchia neo-ottomana di Erdogan. Come mostrano in questi giorni le iniziative di Russia e Turchia nelle crisi libiche e mediterranee.