Kuwait, le opposizioni guardano al nuovo emiro per una ‘disgelo’ politico
Durante un incontro avvenuto prima della successione, liberali e movimenti islamici hanno chiesto a Sheikh Nawaf riforme elettorali e la grazia per i dissidenti in esilio. L’obiettivo di una distensione nei rapporti e la ripresa del dialogo. Fra le priorità anche la campagna anti-corruzione e maggiore indipendenza della magistratura.
Kuwait City (AsiaNews/Agenzie) - Riforme elettorali e la grazia per i dissidenti in esilio: sono le richieste avanzate, durante un incontro tenuto di recente, fra alcuni leader dell’opposizione del Kuwait al nuovo emiro Sheikh Nawaf al-Ahmed al-Sabah. Alla riunione, che aveva come obiettivo quello di migliorare i burrascosi rapporti con il governo, erano presenti figure del campo liberale-riformista ed esponenti dei partiti islamici radicali.
Il faccia a faccia è avvenuto a settembre, quando l’attuale emiro era ancora principe ereditario e prima della morte del predecessore Sheikh Sabah al-Ahmad, avvenuta il 29 settembre scorso. All’epoca le condizioni dell’anziano emiro destavano già più di una preoccupazione nel contesto del ricovero negli Stati Uniti, mentre in patria iniziavano già le manovre per la sua successione.
La stabilità politica del Paese dipende dall’equilibrio di forze e dalla collaborazione fra governo e Parlamento, la legislatura più anziana fra le nazioni del Golfo e spesso dominata in passato da personalità dell’opposizione. Essa può approvare o respingere leggi, presentare voti di sfiducia contro funzionari di primo piano o criticare l’operato di ministri.
Di contro, seppure il governo si mostri tollerante verso le critiche con un livello assai raro rispetto ai Paesi dell’area, diversa appare la figura dell’emiro che ha da sempre l’ultima parola negli affari dello Stato e mettere in dubbio il suo operato è una pena punibile con l’arresto. “Puntiamo a una distensione politica con Sheikh Nawaf, il quale ha mostrato alcuni segnali positivi, ivi compreso l’incontro con gruppi di opposizione” sottolinea Ahmad Deyain, segretario generale del Kuwaiti Progressive Movement. “Il perdono per quanti sono esilio - aggiunge - sarebbe un buon inizio, in special modo alla vigilia delle prossime elezioni [parlamentari]”.
Tra coloro i quali si sono autoimposti l’esilio vi sono i legislatori che hanno preso parte all’assalto al Parlamento nel 2011. A scatenare la protesta le accuse di corruzione e cattiva gestione all’interno del governo. Altri ancora includono kuwaitiani che hanno criticato in modo aperto l’emiro, che secondo la Costituzione è al di sopra della politica e di altri governanti del Golfo.
Elementi dell’opposizione riferiscono di aver presentato al nuovo emiro una proposta intitolata “Documento sul Kuwait”, che mira a un esecutivo riformista, il lancio di una campagna anti-corruzione, maggiore indipendenza della magistratura e modifiche alla legge elettorale. “Avviare la discussione - conclude Mohammad Al-Dallal, parlamentare del partito di opposizione Islamic Constitutional Movement - è già un buon passo. Mi aspetto che continueremo su questa strada, che potrebbe portare a momenti di svolta sotto diversi aspetti, inclusa la riconciliazione con alcuni blocchi politici”.