22/10/2024, 12.09
IRAQ
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Kurdistan, elezioni parlamentari: i democratici Kdp primo partito, cresce l’affluenza

Al secondo posto, con la metà dei voti circa, l’Unione patriottica (Puk) seguita dal New Generation Movement (Ngm). Consistente aumento dei votanti, pari al 72% rispetto al 51,4% del 2018. Ad Ankawa il capo del distretto cristiano batte il rappresentante del Movimento Babilonia (filo-iraniano) nel seggio per la minoranza.

Erbil (AsiaNews) - Il Partito democratico del Kurdistan (Kdp) è risultato lo schieramento più votato alle recenti elezioni parlamentari del Kurdistan iracheno, che si sono tenute il 20 ottobre a distanza di sei anni dall’ultima tornata e dopo ripetuti rinvii. Lo riferisce la Commissione elettorale indipendente irachena (Ihec), che assegna al primo partito almeno 809.197 voti, circa il doppio del principale rivale, l’Unione patriottica del Kurdistan (Puk) con 408.141 voti. Al terzo posto, anche se i dati non sono ancora definitivi e manca l’assegnazione dei seggi ritardata dai ricorsi depositati in queste ore, la principale fazione di opposizione New Generation Movement (Ngm) con 290.991 voti. Ali Hama Salih, leader del National Stance Party, non accetta l’esito delle urne denunciando (presunti) brogli elettorali e annunciando al contempo azioni legali contro l’Ihec. 

Lamentele e accuse di manipolazione del voto giungono in realtà da più fronti e rischiano di far slittare l’ufficializzazione dei risultati, e la relativa assegnazione dei seggi, che dovrebbe avvenire solo alla chiusura dei ricorsi pendenti. Munira Ali Abdul Aziz, membro del politburo del Movimento islamico in Iraq (Imk), ha respinto l’esito del voto e in un post sulla propria pagina sociale descrive il processo come “pre-determinato e fraudolento”. Stato ai risultati parziali, il suo partito Imk non avrebbe ottenuto alcun seggio alle elezioni.

In questa tornata vi era attesa anche per il voto fra i cristiani, dopo il taglio dei seggi riservato alle minoranze e il tentativo di scalata e conquista della leadership del Movimento Babilonia del sedicente leader Rayan il Caldeo e sostenuto dall’Iran. I gruppi cristiani assiri, caldei, siriaci e turcomanni hanno ottenuto un seggio ciascuno nelle province di Erbil e Sulaimani, mentre i cristiani hanno ottenuto un seggio anche a Duhok. Ramy Noori Syawish, attuale sindaco di Ankawa, il distretto a maggioranza cristiana a Erbil, ha conquistato il seggio della quota cristiana nella capitale del Kurdistan iracheno battendo il candidato filo-Teheran. 

Le elezioni parlamentari del 2024 si sono svolte il 20 ottobre scorso con due anni di ritardo e in seguito a ripetuti slittamenti e cancellazioni per criticità interne e scontri sulle regole del voto, oltre a problemi locali e regionali che hanno rappresentato un ulteriore ostacolo. A febbraio la Corte suprema dell’Iraq ha emesso una sentenza che revoca e modifica alcuni articoli della legge elettorale della Regione del Kurdistan, la numero 1 del 1992. In particolare, i giudici hanno stabilito la cancellazione degli 11 seggi riservati alle minoranze - elemento di forte polemica e dibattito politico - riducendo i seggi complessivi da 111 ai 100 attuali. Il verdetto ha inoltre affidato alla Commissione elettorale indipendente irachena (Ihec) il compito di supervisionare le operazioni di voto, in sostituzione della Commissione elettorale legata alla regione del Kurdistan, oltre a ridefinire il sistema elettorale stesso.

Il ramo elettorale del Consiglio supremo della giustizia iracheno ha quindi ordinato in un secondo momento all’Ihec di riservare almeno cinque seggi su 100 alle minoranze: di questi tre vanno ai cristiani (due caldei e un armeno) e due ai turkmeni. Infine, le donne devono costituire almeno il 30% dei membri eletti. Ci sono 2.899.578 elettori aventi diritto che possono scegliere fra un totale di due alleanze, 13 partiti e 124 candidati indipendenti che concorrono alle elezioni. Il 18 ottobre si è svolto un turno di “voto speciale” per i membri dei ministeri del Peshmerga e della Sicurezza interna, con 215.560 elettori idonei e 208.521 voti espressi (97%). In merito all’affluenza si è registrato un consistente aumento rispetto all’ultima tornata nel 2018, quando il dato si era attestato attorno al 51,4% mentre ora ha toccato la significativa quota del 72% con il valore più elevato a Dohuk che ha segnato un 78%. A Erbil il 74%, Sulaimani 65% e Halabja 69% come ha spiegato un portavoce Ihec in una conferenza stampa a Baghdad, aggiungendo che oltre due milioni di persone si sono recate alle urne per esprimere la propria preferenza.

Fra i primi commenti quello dell’ambasciata Usa a Baghdad, spettatrice interessata per le basi militari presenti sul territorio nazionale che il governo iracheno vuole smantellare, lasciando al solo Kurdistan la presenza di soldati americani per una soluzione di ripiego, ma accettabile dalle parti. La rappresentanza diplomatica si è congratulata con la regione per il “regolare” svolgimento delle elezioni, sottolineando l’importanza di formare un nuovo governo chiamato a: rafforzare le istituzioni democratiche, progredire i diritti umani; promuovere la crescita economica. Parole rilanciate dal presidente della Regione del Kurdistan, Nechirvan Barzani, il quale ha lodato la natura pacifica e competitiva delle elezioni, oltre a esortare i partiti a “formare rapidamente” un nuovo governo che dia priorità alla stabilità, alla tenuta economica e alla tutela dei diritti dei cittadini.

Le elezioni si sono svolte in un quadro di crescente crisi economica, acuita dalla sospensione delle esportazioni di petrolio, un flusso di entrate critico per il governo regionale del Kurdistan (Krg) bloccati dalla Turchia nel marzo 2023. Una decisione legata a una sentenza della Camera di commercio internazionale che imponeva ad Ankara il pagamento a Baghdad di 1,5 miliardi di dollari per le esportazioni di petrolio non autorizzate. Il vice portavoce Vedant Patel ha sottolineato l’importanza dell’alta affluenza e l’assenza di incidenti significativi, mentre ora l’attenzione si sposta alle azioni delle diverse forze politiche nel tentativo di garantire la stabilità. 

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