Kuala Lumpur: la Corte aggiorna il processo, in sospeso il verdetto sulla controversia Allah
Kuala Lumpur (AsiaNews) - Centinaia di musulmani hanno manifestato all'esterno del Tribunale federale a Kuala Lumpur, dove si è tenuta oggi la prima udienza del ricorso promosso dai cattolici sul divieto di utilizzo della parola "Allah" per identificare il Dio cristiano. Una giuria composta da sette giudici - caso unico nella storia della Malaysia per una vertenza civile - ha ascoltato le argomentazioni delle due parti, aggiornando processo e verdetto "a data da destinarsi". Al momento non è possibile sapere se il tribunale ammetterà l'istanza presentata dai cattolici e chiederà la revisione del processo, oppure se confermerà la decisione dei giudici di grado inferiore proibendo l'uso di "Allah". L'avvocato dei cattolici Cyrus Das si mostra "abbastanza fiducioso", perché il caso è "di grandissima rilevanza pubblica" e alla Chiesa verrà offerta una nuova opportunità di far valere le proprie ragioni in tribunale.
Brandendo slogan e cartelli, all'esterno del tribunale almeno 500 persone hanno urlato a gran voce "Allahu Akbar" (Dio è grande) e "Allah non può essere usato da estranei o da cristiani". Una mossa finalizzata a esercitare pressione sui giudici chiamati a esaminare il caso.
La Chiesa cattolica ha promosso un ricorso conto la decisione dei giudici di appello che, nell'ottobre scorso, hanno stabilito - in linea con le richieste del governo - di proibire ai non musulmani l'utilizzo della parola Allah "per non generare confusioni". Il divieto si applica in particolare al giornale cattolico The Herald Malaysia. Per i vertici ecclesiastici (e movimenti attivisti) è una motivazione pretestuosa, che costituisce una palese violazione della libertà religiosa in una nazione multi-culturale che, da qualche tempo, registra tensioni crescenti a sfondo confessionale.
Il direttore dell'Herald p. Lawrence Andrew riferisce che oggi - in concomitanza con il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima - i cristiani di tutto il Paese hanno pregato e digiunato "per un verdetto favorevole". In contemporanea un piccolo gruppo di persone si è radunato all'esterno del centro commerciale di Bangsar, a Kuala Lumpur, distribuendo fiori e palloncini per esprimere solidarietà ai cristiani. Gli attivisti hanno anche esposto cartelli in cui sottolineano che "Dio è uno solo", "Siamo fratelli e sorelle" e "Rispondiamo tutti a Dio" (Allah, nel testo). Nel gruppo era presente anche Marina Mahathir - attivista e figlia del quarto premier malaysiano Mahathir bin Mohamad - che ha rilanciato messaggi di pace e armonia. "Siamo stanchi - ha affermato la donna - di tutta questa bruttura e questo clima di odio".
Nell'ottobre scorso una sentenza della Corte di appello - ribaltando una decisione del 2009 - ha negato al giornale cattolico il diritto di usare la parola "Allah" per definire il Dio cristiano. P. Lawrence Andrew ha subito avanzato un ricorso per difendere i diritti della minoranza, pur continuando a promuovere armonia e convivenza pacifica fra le diverse anime del Paese. Egli ha più volte sottolineato che non si tratta di uno scontro confessionale, ma di una semplice vicenda di diritto. Tuttavia, questo non ha impedito attacchi e violenze contro i cristiani fra cui la profanazione di alcune lapidi in un cimitero e il lancio di bombe Molotov contro una chiesa.
In Malaysia, nazione di oltre 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani sono la terza confessione religiosa (dietro ai buddisti) con un numero di fedeli superiore ai 2,6 milioni; la pubblicazione di un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni dimostra come, sin dall'inizio, il termine "Allah" era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale.
09/07/2014