Kuala Lumpur sfrutta l’islam e la vicenda “Allah” per mantenere consenso e unità
Kuala Lumpur (AsiaNews) - La controversia sulla "parola Allah" è un "espediente politico", una vicenda del tutto priva di senso che è assunta a "questione nazionale" per cementare il rapporto di "unità e fratellanza" tra gli abitanti di etnia Malay. È quanto afferma ad AsiaNews p. Lawrence Andrew, sacerdote e direttore di Herald Malaysia, che torna sulla controversia che oppone governo e cattolici per l'uso del termine Allah per definire anche il Dio cristiano. Ora la decisione è affidata ai giudici di secondo grado, che "ad ottobre o, al massimo, i primi di novembre" emetterammo il giudizio di appello. Intanto aumentano le voci critiche verso l'esecutivo di Kuala Lumpur, che si mostra sempre più "incapace" di gestire i problemi di ordine pubblico come denuncia uno studioso di legge ed ex ministro del governo guidato dal premier Abdullah Ahmad Badawi.
P. Lawrence punta il dito contro le divisioni in seno ai Malay, oggi divisi in tre diversi gruppi. Alcuni leader governativi, spiega il sacerdote, ritengono che il solo modo di ricostruire un'unità sia "attorno all'identità musulmana". E per raggiungere l'obiettivo, continua ancora, hanno pensato di creare un sentimento di "alienazione nel loro stesso Paese" e di far credere che siano "vulnerabili nei confronti dei non musulmani", che rappresentano invece una minoranza.
Per il direttore di Herald Malaysia si è così venuta a creare una "propaganda" secondo cui "i cristiani stanno profanando il nome di Allah"; e, da qui, un sentimento generico e diffuso fra i musulmani di "odio e ostilità verso i cristiani". E da quanto emerge dal voto alle elezioni politiche del 2013, conclude p. Lawrence, è chiaro che "il governo ha sfruttato la vicenda per vincere" alle urne; essi stanno "instillando il seme della paura nei cuori dei contadini Malay", mettendo in giro la voce secondo cui "l'islam è in pericolo".
Dure critiche verso le politiche governative arrivano anche da personalità musulmane di primo piano, come il giurista ed ex ministro Datuk Zaid Ibrahim che accusa l'esecutivo di non aver usato tutta la "cura" necessaria per risolvere in modo "pacifico" la controversia. Egli avverte una crescente "islamizzazione" di un Paese in cui religione e razza sembrano sempre più unite e l'emergere di una tendenza alla "arabizzazione" anche nel settore scolastico. Il politico e studioso malaysiano conferma che "per anni" i non musulmani hanno usato "e senza problemi" di sorta il nome Allah; Ibrahim aggiunge infine che "altre religioni" usano il termine per identificare Dio, ma nessun'altra - se non i cristiani - è stata trascinata in una controversia legale per impedirne l'utilizzo.
La controversia fra cattolici e governo relativa all'uso del nome "Allah" per definire il Dio cristiano nei media e sulle pubblicazioni - come la Bibbia in lingua Malay - è divampata nel 2008; nel 2009 la decisione del Tribunale di primo grado (Alta corte), che dà ragione ai primi e concede loro l'uso del termine "Allah". Una sentenza che crea shock e ira fra i musulmani, che considerano la parola di pertinenza esclusiva dell'islam, e che dà origine a una ondata di violenze con attacchi mirati a chiese e altri luoghi di culto.
In Malaysia, nazione del sud-est asiatico di oltre 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani, i cristiani sono la terza confessione religiosa (dietro ai buddisti) con un numero di fedeli superiore ai 2,6 milioni. La minoranza ha ripubblicato un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni, che dimostra come sin dall'inizio il termine "Allah" era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale.
11/09/2013