Khamenei, Usa e Netanyahu pessimisti verso i negoziati sul nucleare iraniano
Vienna (AsiaNews/Agenzie) - I negoziati sul nucleare iraniano, ripresi stamane a Vienna, sono "difficili" e non porteranno ad alcun risultato". Lo affermano fonti americane, citate dalla Reuters, e la stessa guida suprema di Teheran, Alì Khamenei. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu rincara la dose e afferma che sarebbe meglio punire "il suo atteggiamento aggressivo" dell'Iran.
L'incontro iniziato oggi alle 11 nella capitale austriaca, mette in dialogo la delegazione iraniana, guidata dal ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif con i rappresentanti del Gruppo 5+1, che comprende Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania. Essi dovrebbero giungere a un accordo a lungo termine, che metta fine a tensioni che durano da 10 anni nel rapporto fra l'Iran e la comunità internazionale. Ciò potrebbe aprire il mercato iraniano all'occidente e ridurre i rischi di una guerra mondiale.
La ripresa dei dialoghi avviene dopo un accordo varato lo scorso 20 gennaio fra Teheran e la comunità internazionale secondo cui l'Iran si impegna a ridurre le sue attività nucleari in cambio di un alleggerimento delle sanzioni economiche poste da Stati Uniti ed Europa. Tale accordo rimane valido per sei mesi, fino a luglio. A contribuire al successo di tale accordo vi è la nuova personalità del presidente iraniano, Hassan Rouhani.
L'occidente vuole comunque che l'Iran si sottometta i suoi programmi nucleari ai controlli dell'Onu ed esige assicurazioni che tali programmi non abbiano scopi militari. Teheran, che in questi anni non ha mai fermato il suo programma, è spesso sfuggita ai controlli e ha sempre rivendicato per esso scopi scientifici e medici.
Alla vigilia dei colloqui, la guida suprema Alì Khamenei ha affermato che "i negoziati cominciati dal ministro degli esteri... non porteranno da nessuna parte" perché per lui l'America troverà altri motivi per mettere sanzioni all'Iran. Egli ha però ribadito di non essere contrario ai dialoghi ma li vede come una via utile per "rafforzare la potenza nazionale e le basi economiche del Paese, prostrato da anni di sanzioni. Per questo l'Iran "non si rimangerà la parola".
Più o meno negli stessi termini, una personalità dell'amministrazione Usa ha dichiarato alla stampa che il tutto "sarà un processo complicato, difficile, lungo" e "con ogni probabilità non raggiungeremo alcun accordo come si vorrebbe".
Barack Obama aveva stupito molti quando lo scorso novembre ha accettato l'accordo temporaneo aprendosi ai dialoghi con Teheran dopo quasi 30 anni. Per questo era stato criticato dai conservatori Usa. Forse per placare una parte della popolazione Usa, nei giorni scorsi il presidente Usa ha messo in chiaro che a Vienna "tutte le opzioni sono sul tavolo", anche quella della guerra e degli attacchi militari. Il capo delegazione Usa, Wendy Sherman, ha anche detto che dopo i negoziati sul nucleare occorre aprire un dialogo sui missili balistici iraniani ed è del parere che occorre continuare a imporre sanzioni all'Iran anche per il suo non rispetto verso i diritti umani e per il suo sostegno al "terrorismo" (leggi: Hezbollah e Siria - ndr).
Fra i più critici della posizione dialogica di Obama vi era il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha giudicato l'accordo temporaneo "una vittoria per Teheran". In tutta la sua carriera politica, Netanyahu ha sempre indicato nell'Iran il nemico più pericoloso per Israele. Ancora adesso, Israele - che è l'unica potenza nucleare del Medio oriente, sebbene non lo abbia mai dichiarato - non ha escluso operazioni militari contro basi nucleari iraniane, a costo di una guerra mondiale. Anche lui ieri ha ribadito che l'unico a beneficiare dai dialoghi sarà Teheran, che invece bisognerebbe punire per il suo "continuo comportamento aggressivo".
02/10/2018 16:10