Kerala, è crisi umanitaria. Card. Gracias ai cattolici: Sosteniamo lo sforzo della Caritas
Il bilancio delle vittime dell’alluvione è arrivato a 370 morti accertati. Più di 724mila persone sono sfollate in campi di fortuna. Le autorità riaprono i voli commerciali nell’aeroporto di Kochi; sei ispettori sanitari dislocati in ogni municipalità per prevenire il contagio di malattie.
Thiruvananthapuram (AsiaNews) – In Kerala è crisi umanitaria: mentre si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime della peggiore alluvione degli ultimi 100 anni, arrivate a 370 durante il weekend appena trascorso. Fra i quasi 800mila sfollati si teme la diffusione di epidemie. Per questo il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci), ha lanciato un appello urgente a tutti i cattolici, ai vescovi e alle comunità locali, a unirsi in solidarietà con Caritas India, che opera attraverso squadre di soccorso in tutto lo Stato indiano.
Nel testo della nota si legge: “A nome di tutta la Chiesa cattolica in India, mi appello con fervore a voi, fratelli vescovi e a tutte le gerarchie ecclesiastiche, a unirvi in solidarietà e incoraggiare la comunità di fedeli, le istituzioni e le persone di buona volontà a contribuire in maniera generosa a questa crisi umanitaria ed esprimere la nostra solidarietà in questo momento cruciale”.
Ieri durante l’Angelus domenicale papa Francesco ha rivolto una preghiera per le vittime e i sopravvissuti del disastro naturale. “Non manchi a questi fratelli – ha detto – la nostra solidarietà e il concreto sostegno della Comunità internazionale”. L’appello del pontefice segue quello diffuso la scorsa settimana dai vescovi indiani, che invitano anche “ad adottare soluzioni urgenti per preservare l’ambiente e prevenire ulteriori danni ecologici alla nostra casa comune, la Madre Terra”.
Il braccio sociale della Chiesa ha aperto una campagna di raccolta fondi per rispondere in maniera immediata ed efficace all’emergenza provocata dalle piogge monsoniche (per maggiori informazioni su come donare, clicca qui). Ad AsiaNews p. Paul Moonjely, direttore esecutivo di Caritas India, riferisce la portata della devastazione: “Oltre 67mila famiglie afflitte dall’inondazione e dalle valanghe. Vi sono circa 24mila ettari di terreno agricolo andato perduto: ciò significa che la maggior parte delle comunità colpite ha perso la principale fonte di reddito, dal momento che esse sono occupate nel lavoro dei campi e lavorano come braccianti a chiamata”. “Dato che la sussistenza [della popolazione] dipende dall’impiego giornaliero nei campi – continua –, tra i braccianti si è diffuso un senso di insicurezza e precarietà, derivanti dalla perdita del guadagno”.
Gli ultimi dati diffusi dal Chief minister Pinarayi Vijayan riportano la presenza di 724.649 persone sfollate che hanno trovato rifugio in 5.645 accampamenti di fortuna. Nel frattempo la sua amministrazione ha deciso di dislocare sei ispettori sanitari in ogni municipalità, in modo da monitorare la situazione medica e prevenire il contagio di malattie legate all’insalubrità dell’acqua. Inoltre oggi è stato riaperto lo scalo aeroportuale di Kochi, ma solo per lo smistamento di carichi commerciali. Ad ogni modo, migliaia di persone restano tutt’ora isolate, soprattutto nelle zone rurali.
Il card. Gracias sottolinea l’importanza degli sforzi della Caritas, che “sta portando aiuto nelle 24 diocesi dello Stato e distribuisce cibo, acqua potabile, vestiti, utensili”. “Vi è l’urgenza di raggiungere ancora più comunità bloccate e isolate nelle aree più remote e nei villaggi irraggiungibili. La nostra tempestiva assistenza potrà venire incontro ai bisogni delle persone afflitte e ridurre la sofferenza dei nostri fratelli e sorelle del Kerala. C’è un’estrema necessità di ricostruire la vita delle persone e delle comunità, riabilitando e ripristinando i loro mezzi di sostentamento”.